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Per Timbuctù condanna storica (ma pochi hanno firmato il Trattato)

Per Timbuctù condanna storica (ma pochi hanno firmato il Trattato)

È una sentenza storica quella emessa dai giudici della Corte Penale Internazionale dell’Aia che hanno condannato a nove anni di prigione il jihadista maliano Ahmad Al Faqi Mahdi, colpevole della distruzione di mausolei a Timbuctù nel Nord del Mali, Patrimonio mondiale dell’Umanità.

Durante il processo, iniziato il 22 agosto il tuareg, uno dei capi di Ansar Dine, movimento fondamentalista del Mali legato ad Al Quaeda, è stato accusato di crimini di guerra per aver «intenzionalmente attaccato» nove mausolei della città e contro la porta della moschea e madrasa Sidi Yahia, a luglio 2012. Al Mahdi ha sempre ammesso la propria colpevolezza e ha chiesto perdono al suo popolo.

La sentenza è stata definita dall’Unesco «una pietra miliare» nella salvaguardia del patrimonio mondiale. Per la prima volta un jihadista è condannato per «crimini di guerra» commessi contro «monumenti di carattere storico e religioso».

La decisione della Corte Penale dell’Aia porrà, per ora soltanto simbolicamente, fine all’impunità che fino a oggi ha accompagnato le distruzioni ai beni culturali perpetrati in Afghanistan, Siria, Iraq. Paesi che però non hanno firmato il Trattato che riconosce il Tribunale dell’Aia, così come neanche Libia, Yemen, Arabia Saudita, Iran, Cina, Russia, Stati Uniti, Israele. È ancora lontano l’obiettivo di una giurisdizione universale sui «Crimini di guerra e contro l’umanità».
 

Tina Lepri, 12 ottobre 2016 | © Riproduzione riservata

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