Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Mentre le istituzioni culturali di tutto il mondo prendono posizione contro l’invasione russa dell’Ucraina, il mecenate Vladimir Potanin, tra gli uomini più ricchi della Russia, nel «cerchio magico» del presidente Vladimir Putin, dopo 20 anni si dimette dal consiglio del Museo Solomon Guggenheim «con effetto immediato», si apprende da una nota diramata il 2 marzo dall’istituzione newyorkese.
Potanin ha finanziato numerose mostre di artisti russi, inclusa quella di Kandinskij, il noto pittore astrattista nato a Mosca ma cresciuto a Odessa, in Crimea, protagonista della retrospettiva «Vasilij Kandinskij: Around the Circle», visitabile nel museo newyorkese fino al prossimo 5 settembre.
In una dichiarazione di ringraziamento a Potanin per il suo servizio, il museo denuncia apertamente l’operazione militare russa in Ucraina, con le seguenti parole: «Il Guggenheim condanna fermamente l’invasione russa e la guerra contro il Governo e il popolo ucraino»
Le dimissioni di Potanin sono arrivate meno di 24 ore dopo il discorso tenuto il primo marzo dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden: «Stasera dico basta agli oligarchi russi e ai leader corrotti che hanno preso miliardi di dollari da questo regime violento. Il Dipartimento di Giustizia assemblerà una task force dedicata a perseguire i crimini degli oligarchi russi».
Secondo il «Bloomberg Billionaires Index», Potanin è il secondo uomo più ricco della Russia, i suoi investimenti spaziano nel settore minerario, metallurgico, energetico, finanziario, retail e immobiliare. È stato impegnato politicamente come vice Primo Ministro della Russia nel 1996-97, sotto la presidenza di Boris Eltsin.
Ha iniziato a costruire la sua fortuna dopo il crollo della cortina di ferro con il programma di prestiti per azioni in Russia, attraverso cui ha acquistato un numero enorme di azioni di industrie sovietiche precedentemente statali.
Nel 2016 è assurto agli onori della cronaca quando le sue società sono state le prime ad acquisire una serie di attività in Iran dopo la revoca delle sanzioni legate al programma missilistico nucleare del Paese.
Nel 2018 il suo nome è stato inserito nella cosiddetta «lista Putin», un elenco pubblicato dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti con 210 oligarchi russi strettamente legati al Cremlino, sotto l’attuale presidente russo.
Potanin è stato un grande sostenitore della cultura russa in Occidente: oltre al suo impegno al Guggenheim, la sua fondazione ha donato milioni di dollari al Kennedy Center for the Performing Arts di Washington.
Dal 2003 è presidente del consiglio di amministrazione del Museo statale dell’Ermitage di San Pietroburgo. È l’unico miliardario russo ad aver firmato il Giving Pledge istituito da Bill Gates e Warren Buffet, i cui firmatari promettono di donare almeno la metà della loro ricchezza in beneficenza. Non è però l’unico oligarca russo a rompere i legami con le istituzioni culturali occidentali in seguito alla guerra russo-ucraina.
Il primo marzo Petr Aven presidente di Alfa-Bank, la più grande banca commerciale russa, si è dimesso da trustee alla Royal Academy of Arts di Londra, l’istituzione ha annunciato l’intenzione di restituire la generosa donazione con cui Aven ha contribuito a finanziare la mostra in corso «Francis Bacon: Man and Beast» (visitabile fino al 17 aprile).
Aven ha manifestato la volontà di costruire un museo nel centro di Riga, in Lettonia, dove sarà esposta la sua collezione d’arte. Resta da vedere se il progetto andrà avanti dopo che Aven è stato incluso nell’elenco delle sanzioni dell’Ue legate all’invasione russa dell’Ucraina.

Vladimir Putin e Vladimir Potanin
Altri articoli dell'autore
Il più grande museo privato del Marocco dedicata all’arte contemporanea espone ora una parte più vasta della collezione d’arte africana, da Sidibé a Chéri Samba, all’artigianato locale
Gli ultimi dodici mesi a volo d’uccello: dal furto di manufatti al British Museum (con la conseguente esplosione di richieste di restituzione di reperti da parte di Paesi come la Grecia, la Nigeria e l’India) all’attacco a colpi di martello contro la «Venere Rokeby» di Velázquez
L’artista britannico, residente a Berlino, era stato nominato per le mostre tenute al Camden Art Centre di Londra e al Modern Art Oxford
Sebbene i collezionisti più ricchi non siano stati colpiti dai recenti scossoni dell’economia, molte gallerie e i collezionisti più giovani ne hanno risentito duramente