Stefano Miliani
Leggi i suoi articoliNella chiesa in ricostruzione di San Benedetto a Norcia la selva di tubi e ponteggi a metà aprile arrivava fin quasi al livello del tetto crollato con le violente scosse del 30 ottobre 2016; la parete laterale sinistra era completata, a quella destra mancavano un paio di metri in altezza, un buon 80% delle murature nelle zone dei transetti e dell’abside era terminato.
A giugno gli operai hanno iniziato a montare il tetto sul quale issare le bandiere dell’Italia e dell’Unione Europea. È il primo lotto dei lavori avviato a settembre 2022: i passi compiuti sono notevoli.
Ricostruire la Basilica devastata dal terremoto è compito della Soprintendenza speciale per il sisma del 2016 guidata da Paolo Iannelli, ingegnere; dirige i lavori Vanessa Squadroni, architetto della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, che tra assi, scale e odore di calce fa da guida a «Il Giornale dell’Arte» insieme a Massimo Falcicchio, ingegnere dell’impresa della commessa, la CoBar - Costruzioni Barozzi.
La spesa totale prevista è di 15 milioni di euro: sei milioni vengono da fondi europei, quattro dal commissario straordinario per il sisma del 2016, cinque dall’Eni che sponsorizza il secondo lotto.
I lavori dovrebbero concludersi verso la fine del 2025. Con la sua cripta eretta nel luogo dove sarebbero nati san Benedetto e sua sorella santa Scolastica, la Basilica è vissuta dai cittadini come il segno primario dell’identità norcina e per questo i lavori si concentrano qui mentre altre chiese terremotate nel centro storico sono ancora in attesa dell’avvio di un piano di recupero (in ogni caso il progetto definitivo per il Duomo di Santa Maria Argentea è quasi completato e la Soprintendenza ha dato parere favorevole a quello per Sant’Agostino minore).
«Siamo orientati a terminare entro l’autunno il primo lotto, osserva Iannelli. L’obiettivo è ricostruire San Benedetto nel rispetto dei suoi valori identitari, storici, artistici e devozionali, per quello che rappresenta per le comunità di riferimento, con un maggior livello di sicurezza e con l’indubbia eliminazione delle vulnerabilità principali che ne hanno determinato il crollo. Non si potrà eliminare la possibilità che futuri eventi creino danni, ma si spera che siano sempre molto limitati, non il disastro del 2016: abbiamo esaltato la resilienza dell’edificio».
La sorte delle opere d’arte mobili? «Molte erano state portate via dopo la scossa del 24 agosto, risponde l’ingegnere, e sono quasi tutte in restauro al deposito del Santo Chiodo a Spoleto in modo da poterle ricollocare nella posizione originaria quando la ricostruzione sarà completata».
La ricognizione inizia dalla cripta: la volta è ricostruita, le colonne ricollocate, è conclusa la sottofondazione per ricostruire il campanile interamente crollato. Tra il piano della cripta e quello della navata i tecnici avevano trovato grandi cordoli in cemento armato spezzati: li hanno sostituiti con murature armate in mattoni con maglie di acciaio galvanizzato, ritenute più resistenti e più compatibili con i materiali esistenti.
Chiesa a navata unica a croce latina dell’Archidiocesi Spoleto-Norcia, la Basilica di San Benedetto con il sisma ha perso gran parte delle pareti laterali, mentre erano rimaste in piedi quelle dell’abside e quelle del transetto con gli altari settecenteschi, pur se danneggiati.
La chiesa manteneva l’impianto trecentesco originale ma aveva subito modifiche nei secoli, tanto è vero che la messa in sicurezza e il consolidamento hanno delineato con più precisione tre fasi principali: quella quattrocentesca gotica, quella cinquecentesca e la fase settecentesca avviata nel 1730 dopo il forte terremoto del 1703 e che ha modificato drasticamente l’edificio. Come ha stabilito la commissione ministeriale presieduta da Antonio Paolucci, l’edificio per quanto possibile deve tornare com’era.
L’architetto e l’ingegnere precisano che verrà restituita l’immagine dell’edificio ma che verranno effettuate integrazioni. Un esempio? Nel cinquecentesco Portico delle misure, sul lato destro esterno, le colonne saranno ricostruite utilizzando il pietrame originale nella parte a vista, mentre all’interno un’anima con barre in fibra di vetro le renderà più resistenti.
Il tetto riavrà le capriate in legno, ma con una differenza: prima del 2016 le capriate erano completamente a vista perché a inizio Novecento fu eliminato un controsoffitto ligneo settecentesco; a fine ricostruzione una serie di listelli di legno distanziati l’uno dall’altro daranno l’impressione di un controsoffitto permettendo al contempo di vedere le capriate e di installare faretti nel soffitto in grado di far luce nella navata.
Una novità tecnica sono i tiranti che vengono inseriti sia lungo le pareti sia trasversalmente per garantire una migliore risposta sismica. Le pietre originarie, circa 5mila, sono state recuperate e catalogate una prima volta perché fossero riconosciute come bene culturale, poi di nuovo catalogate per ricollocarle esattamente dove stavano, laddove possibile, usando anche centinaia di foto e fonti d’archivio.
La facciata in pietra bianca di travertino (ora libera dai ponteggi) non era crollata, ma la controfacciata è stata comunque consolidata e il rosone in pietra verrà smontato, ricostruito a terra e ricollocato al suo posto. Il progetto del secondo lotto è pronto, intanto il Comune ha chiesto di mostrare i lavori a chi lo richiede.
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