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Didramma in oro da Akragas

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Didramma in oro da Akragas

«Scavi letterari»: la moneta d’oro di Agrigento nel racconto di Andrea Camilleri

Con l’etruscologo Giuseppe M. Della Fina scaviamo nelle pagine di un romanzo o di un racconto e tra i versi di una poesia alla ricerca di oggetti di un passato lontano (per comprenderne il significato e il valore che perdurano nel tempo)

Tra le pagine del racconto La moneta di Akragas di Andrea Camilleri, un archeologo può rinvenire una rara e preziosa moneta d’oro coniata dalla polis greca di Akragas, l’odierna Agrigento, nel 407-406 a.C. Poco prima quindi che la città, dopo un assedio durato otto mesi, cadesse in mano dei Cartaginesi nell’ambito di uno dei loro tentativi di espansione nell’isola. Mesi in cui, come nota con efficacia lo scrittore: «era stato più facile trovare oro da fondere che frumento».

Il racconto venne pubblicato nel 2011 dalla casa editrice Skira e l’autore in una nota finale ricorda che lo ha scritto ispirandosi a un racconto di famiglia secondo il quale un lontano parente (lontano nel tempo, osserva), medico e numismatico, avendo ricevuto da un contadino una moneta, che aveva trovato accidentalmente, ne aveva compreso subito l’eccezionalità al punto da cadere da cavallo per la sorpresa. La cronaca familiare rammentava inoltre che, in un secondo momento, l’antenato aveva scelto di regalarla al re Vittorio Emanuele III anch’egli un collezionista di monete, come è ben noto. In cambio aveva ricevuto l’onorificenza di Grande Ufficiale della Corona d’Italia. 

Il racconto si apre nel 406 a.C. con la città appena caduta in mano cartaginese e un mercenario, Kalebas, restato fedele ad Akragas mentre altri hanno disertato, che tenta di fuggire con un sacchetto di 38 monete d’oro. Esse costituivano la paga per il servizio militare svolto a favore della polis in quei terribili mesi. Si conclude, invece, nel 1911, con un colpo di scena che non si può rivelare per coloro che non avessero letto il racconto dato l’andamento da romanzo giallo. Si può accennare, comunque, che, sullo sfondo, vi trovano spazio il re d’Italia, Vittorio Emanuele III, già ricordato, e lo zar di Russia, Nicola II Romanov.

Una delle monete d’oro che Kalebas portava nel suo sacchetto costituisce il filo conduttore della storia attraversando i secoli e risulta centrale nello svolgimento del racconto. Eccone la descrizione che ne offre lo scrittore: «da un lato c’è un’aquila ad ali aperte e una lepre, dall’altro un granchio e un pesce». La descrizione esatta di un tipo di monete coniate ad Akragas, lo scrittore d’altronde correda il testo di una bibliografia essenziale e aggiornata, rispetto alla data della prima edizione del testo, a dimostrazione della cura con cui lo preparò, senza alcuna approssimazione. Vi figurano testi sulla monetazione greca e sulle vicende storiche della città facendo riferimento a opere d’insieme, ma anche ad Atti di settimane di studio e quindi a contributi specialistici.

Ben delineata è la figura del dottor Stefano Gibilaro, numismatico e collezionista siciliano che si trovò a possedere la moneta per qualche tempo. La sua figura tratteggia con vivacità un appassionato di antichità e collezionista dei primi decenni del Novecento nella provincia italiana. Il «viddrano» che scopre la moneta, mentre sta zappando, la vuole offrire al medico condotto dato che: «Ne avi già tante il dottori di ’ste monite, d’ò tempo dei greci, dei romani, delli spagnoli, dei francisi, dei borboni, ma nni voli sempri, non gli abbastano mai». Gibilaro, d’altronde, intuisce subito che si tratta di una rarità e la confronta idealmente con altre due che ha visto pubblicate su una rivista scientifica e ciò suggerisce la sua preparazione. Nell’elenco delle monete collezionate c’è di fatto quasi per intero la storia della Sicilia, prima dell’Unità d’Italia. Si può segnalare che il dottore viene fatto nascere ed esercitare la professione a Vigàta, il comune siciliano immaginario legato alle vicende del commissario Montalbano, il personaggio più noto tra quelli ideati e descritti da Camilleri.

Una considerazione finale: per lo scrittore il passato, più o meno lontano nel tempo, arriva a condizionare il presente. Anzi passato e presente convivono: nella stessa grotta che «una volta era uno dei tanti accessi segreti agli ipogei d’Akragas» cercano rifugio due uomini: uno nel 406 a.C. e l’altro nel 1910. È la forza della storia e della letteratura.

Giuseppe M. Della Fina, 11 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

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