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Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliIl calcio moderno affonda le sue origini nel Medioevo, alla latitudine delle Isole Britanniche. Nessuna squadra fissa, nessuna regola, interi villaggi si riunivano in una grande mischia calciando per chilometri una palla, che allora si realizzava riempiendo stomaci o vesciche di animali, finché non si segnava un goal. Era una pratica piuttosto violenta e sanguinaria, regolamentata solo nel 1863 da un giovane avvocato inglese, Sir Nathaniel Creswick, che insieme all’amico William Prest inventa il calcio d’angolo, il calcio di punizione, la rimessa laterale, la traversa e molto altro ancora. È il primo regolamento completo, adottato dalla neonata Football Association, che fissa a Londra, il 23 ottobre 1863, la nascita del calcio moderno. Una data e un luogo che ora sono però messi in discussione dalla scoperta delle rovine di quello che sembrerebbe essere a tutti gli effetti un antico campo di calcio, rinvenuto ad Anwoth, nella Scozia sud occidentale, risalente al XVII secolo. Le ricerche, condotte da un team dell’Archeology of Scotland, sono iniziate in seguito al ritrovamento di una lettera da parte di Ged O’Brien, fondatore dello Scottish Football Museum di Glasgow. La missiva era stata scritta da Samuel Rutherford, ministro di una chiesa presbiteriana nella cittadina scozzese di Anworth, nel Kirkcudbrightshire, tra il 1627 e il 1638. «Nella lettera – scrive il reporter Ben Rumsby su “The Thepelgraph” – si indicava l’esistenza di un pezzo di terra nella fattoria di Mossrobin dove il sabato pomeriggio la gente era solita giocare a Foot-Ball».
«È una delle frasi più importanti nella storia del calcio, perché indica esattamente il luogo nel quale si trovava il campo da gioco e i provvedimenti presi del pastore per impedire il gioco sistemando sul campo una barriera di pietre», spiega O’Brien alla BBC.
Elaborate le informazioni il team di archeologi si è messo immediatamente alla ricerca del campo e delle pietre. E in effetti, nell’esatto punto indicato dalla lettera, sono state ritrovate 14 grandi rocce allineate su un’area pianeggiante di 44 metri di larghezza per 85 metri di lunghezza, più cinque tracce che conducevano al bordo del campo. Gli archeologi hanno interpretato queste tracce come perfettamente compatibili con un campo da calcio, il più antico mai rinvenuto. Le misure sono molto vicine a quelle oggi ritenute regolamentari dalla Fifa (che vanno da 100x64 a 110x70 metri). «Questa interpretazione – si legge sulle colonne del “New York Time” - è molto contestata, e non solo dai tifosi inglesi. Steve Wood, amministratore dell’ente benefico inglese Sheffield Home of Football (la più antica società calcistica del mondo), afferma che non ci sia modo di sapere che tipo di “calcio” si giocasse a Mossrobin».

Andreas Gursky, Dormunt, 2009 © Andreas Gursky

Carlo Carrà, La partita di calcio, 1934
Inglese o scozzese che sia, il calcio ha una dimensione rituale e culturale che da tempo affascina e attraversa le ricerche artistiche e archeologiche. Numerosi artisti moderni e contemporanei vi hanno riconosciuto una chiave per esplorare le trasformazioni sociali. Dinamismo di un calciatore (1913) di Umberto Boccioni e La partita di calcio (1934) di Carlo Carrà, ne sono un esempio. I due artisti hanno scelto di rappresentano il dinamismo e l’energia del calcio attraverso linee spezzate e colori vivaci, riconoscendo in questo sport il movimento, il dinamismo e la velocità ricercati dal Futurismo. In alcuni casi il calcio diventa l’elemento centrale nella costruzione della memoria e nella definizione dei miti moderni. Alcuni artisti hanno guardato agli stadi come a rovine future. Andreas Gursky nella serie fotografica dedicata agli stadi visti dall’alto, restituisce allo spazio sportivo una monumentalità paragonabile a quella di un’architettura sacra e spettacolare: le tribune appaiono come strutture megalitiche inserite nel paesaggio urbano. In Dormunt (2009), grazie alla composizione strutturata e alla ripetizione di pattern visivi (spettatori, geometrie del campo, luci), Gursky cattura l’essenza del calcio come evento rituale, esperienza condivisa, sottolineando il forte impatto sociale e simbolico del calcio, elevandolo a simbolo della cultura di massa e strumento di analisi dell’identità collettiva. Philippe Parreno, in collaborazione con l’artista scozzese Douglas Gordon, ha realizzato nel 2006 l’installazione video Zidane: A 21st Century Portrait: un ritratto cinematografico del celebre calciatore francese Zinédine Zidane, girato durante una partita tra Real Madrid e Villarreal nel 2005. L’opera, costruita attraverso l’uso simultaneo di 17 telecamere, restituisce in tempo reale ogni gesto, espressione e movimento del giocatore, osservato da angolazioni diverse che confluiscono in un unico grande un affresco in movimento. Un’opera che va oltre la semplice documentazione sportiva, trasformandosi in una riflessione complessa sull’iconografia contemporanea, sulla rappresentazione del corpo in movimento e sul modo in cui si costruisce il mito dell’atleta moderno. Attraverso la figura di Zidane, il video indaga il calciatore come icona culturale, modello di successo e simbolo collettivo: una figura sospesa tra dimensione intima e sovraesposizione mediatica, capace di incarnare sogni, tensioni e desideri di intere comunità. Il corpo dell’atleta diventa così un campo di proiezione, un veicolo narrativo e simbolico attraverso cui si riflettono le dinamiche identitarie, politiche ed emotive del mondo contemporaneo. Un’aura che non si esaurisce nella performance sportiva, ma si prolunga anche nell’oggetto-feticcio, trovando riscontro nel mercato dei cimeli sportivi. Emblematico il caso del Top lot calcistico più caro di sempre venduto da Sotheby’s nel 2022: 9,3 milioni di dollari per la maglia indossata da Diego Armando Maradona durante i quarti di finale tra Argentina e Inghilterra ai Mondiali di Messico 1986, passata alla storia per il controverso goal segnato con la «Mano de Dios».

Philippe Parreno e Douglas Gordon, Zidane: A 21st Century Portrait, 2006

Sotheby’s, la maglia indossata da Maradona durante Argentina-Inghilterra a Messico 1986, venduta a 9,3 milioni di dollari
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