Roberta Bosco
Leggi i suoi articoliAbbiamo intervistato Andres Serrano (New York, 1950) a Barcellona, dove ha inaugurato il programma di attività del Museo dell’Arte Proibita, recentemente aperto dal collezionista, editore e tycoon dell’audiovisivo Tatxo Benet. Nelle sale, che accolgono opere vittime della censura e della persecuzione, non poteva mancare il celebre «Piss Christ» (1987), la fotografia che catapultò Serrano alla fama. L’artista realizzò l’opera, che mostra un crocifisso immerso in un recipiente di urina, sperimentando con i campi di colore in immersione e senza nessuna velleità di provocare o di offendere, ma negli Stati Uniti essa fu utilizzata nel pieno delle guerre culturali della fine degli anni Ottanta per chiedere l’abolizione del National Endowment for the Arts e delle sovvenzioni pubbliche alle arti.
Figlio di madre cubana e di padre honduregno, Serrano è nato e cresciuto a New York e durante tutta la sua carriera ha affrontato temi spinosi come il razzismo, la religione, il sesso, la violenza e la morte, servendosi di liquidi organici come urina, sangue, liquido seminale e latte per creare inediti effetti di colore. Affascinato dai grandi maestri iconoclasti della storia, è stato paragonato a Caravaggio e le sue opere fanno parte della collezione del Vaticano. «Papa Francesco mi ha dato la sua benedizione e ha alzato il pollice in segno di complicità», racconta orgoglioso, mostrando il video che documenta il fatto.
Lo scorso 27 aprile ha inaugurato nel Musée Maillol di Parigi la mostra «Ritratti d’America» (fino al 20 ottobre) e le sue fotografie sono esposte in Olanda nel Groninger Museum, nella collettiva «The show must go on» (fino al 24 ottobre). Profondamente eterodosso, a volte contradditorio ma sempre affascinante, Serrano è simpatico, aperto, alla mano e sinceramente empatico, accetta perfino di farsi selfie con i giornalisti nonostante l’evidente disagio che prova. Anche se è considerato un grande fotografo, rifiuta questa definizione e afferma: «Sono un artista con una macchina fotografica». La leggenda racconta che non ha mai permesso a nessuno di dargli indicazioni su come fotografarlo, l’unica è stata Yoko Ono che gli chiese di alzare l’obiettivo, mentre lui (alto com’è!) ama fotografare i soggetti dal basso. Serrano obbedì... Impossibile dire di no a Yoko Ono!
Pensa che il suo lavoro sia percepito, e apprezzato, in maniera diversa in Europa rispetto agli Stati Uniti?
Negli Stati Uniti sono sempre stato attaccato e poco rappresentato. Negli ultimi 25 anni ho avuto più di venti importanti mostre in Europa e solo due negli Stati Uniti. In Europa i musei hanno una visione più ampia e articolata e si rendono conto che il mio lavoro va molto oltre «Piss Christ». Quello fu solo l’inizio, ho realizzato molte serie: ho fotografato cadaveri («The Morgue») e nomadi («Nomads»), gli homeless di Bruxelles («Denizens of Brussels») e i membri del Ku Klux Klan («The Klan»), corpi nudi non normativi («Nudes») e strumenti di tortura («Torture»). Una delle più recenti, «Infamous», è una storia dell’infamia con vari gradi di bigottismo e insensibilità. Anche se vogliamo credere che ciò che è accaduto nel passato rimanga nel passato, la storia ci dimostra che abbiamo torto. Ci saranno sempre nuove vittime da attaccare ed emarginare, nuovi capri espiatori da sostituire ai vecchi, a dimostrazione che la disumanità dell’Uomo nei confronti dell’Uomo non ha limiti. Possiamo scegliere di guardare dall’altra parte, ma questo non migliora le cose. Inoltre l’establishment teme chi esce dai canoni e io non rientro in nessuna categoria, ho studiato pittura e scultura, ma uso prevalentemente la fotografia, anche se non mi considero un fotografo. La dottrina del politicamente corretto ha creato situazioni assurde, per esempio io sono stato attaccato non solo dalla destra e dai conservatori ma anche dagli intellettuali di sinistra come mai avrebbero fatto con un nero o una donna. Quando gli attacchi vengono dalla sinistra sono ancora più pericolosi, ma l’arte deve essere libera e aperta alle interpretazioni.
L’hanno accusata di blasfemia, di essere offensivo e provocatore, ma lei si è sempre definito un cristiano, cresciuto nella fede cattolica. Come si convive con questa contraddizione?
L’intolleranza dovrebbe essere bandita dalla religione, non ha niente a che fare con la fede. I cristiani retrogradi d’America invece di seguire gli insegnamenti di Cristo, di tolleranza e accettazione degli altri, fanno il contrario. Io sono cresciuto nel Cristianesimo e mi sento legato a una lunga tradizione di artisti cristiani che lavorano con i simboli della fede, anche se in chiesa vado solo per motivi artistici e specialmente quando sono in Europa.
Che cosa risponde a chi considera che le sue opere, e in special modo quella che le ha dato fama mondiale, denigrano il sacrificio di Cristo?
Non l’ho concepita come una provocazione. Per me era qualcosa che aveva a che fare con il lavoro che stavo svolgendo in quel periodo con i fluidi corporei e le macchie di colore. All’inizio le fotografie erano molto astratte e sembravano dipinti, poi ho deciso di aggiungere la figurazione e ho scelto di inserire oggetti come un crocifisso, è stata la naturale evoluzione del progetto. Tutti i miei lavori, in un certo senso, sono autoritratti, per questo dialogo con la mia religione e la mia cultura e lavoro con i simboli della mia fede, quella che conosco e non con l’iconografia islamica o indù. Il crocifisso è stato banalizzato, addirittura usato come accessorio di moda e se ti senti offeso, dovresti pensare a ciò che rappresenta, alla violenza con cui fu assassinato Cristo, la stessa violenza che la Chiesa avrebbe poi usato con i suoi oppositori. Molti cristiani sono tremendamente ipocriti, uno dei vescovi che mi ha attaccato più duramente anni dopo fu accusato di pedofilia.
Quindi tutto dipende dallo sguardo e dall’intenzione dello spettatore?
Hanno detto che «Piss Christ» offende uno dei simboli più sacri della fede, ma io esprimo solo il mio dolore e il mio disgusto nel vedere Gesù soffrire, torturato e inchiodato a un tronco di legno. Anche se ormai anch’io sono un vecchio e rispettabile maestro, la verità è che il mio lavoro è semplice come lo sono io. Dico sempre che è piuttosto elementare, non incorpora teoria o storia dell’arte, ma tratta argomenti d’interesse universale, la morte, la razza, la religione e il sesso. Uso titoli descrittivi, ma non amo dare spiegazioni, le opere non le richiedono perché sono aperte all’interpretazione. Per esempio, le immagini dei senzatetto riunite nella serie «Residents of New York» avrebbero dovuto smuovere le coscienze cattoliche, invece la maggioranza preferisce guardare dall’altra parte.
Probabilmente nel Medioevo sarebbe stato bruciato come eretico, invece è stato invitato al Vaticano…
Ricevere l’invito per incontrare papa Francesco nella Cappella Sistina, in occasione del 50mo anniversario della collezione d’arte contemporanea del Vaticano, e ricevere la sua benedizione, per me è stato emozionante e davvero importante. Dopo la mia cresima la suora mi ha detto che ero un soldato di Cristo e io mi sono sempre sentito tale.
Che cosa pensa della censura?
Censurare l’arte è assurdo e ridicolo, una forma involontaria e paradossale per darle più fama e visibilità. L’arte non dovrebbe avere limiti, puoi fare tutto sempre che non sia illegale e se lo è probabilmente bisognerebbe cambiare la legge. Mi preoccupa questo modo di cercare di cancellare il passato. Se cerchi di negarlo, il passato tende a ripetersi. Io non voglio distogliere lo sguardo. Prima i censori erano i repubblicani e oggi sono i democratici, gli studenti universitari, gli intellettuali, i giovani di sinistra... All’epoca di «Piss Christ», quando io ero un artista giovane, era chiaro chi era il nemico.
Lei ha fotografato Trump quando era un magnate dell’industria e ha fatto un film sull’assalto al Congresso. Trump vincerà queste elezioni?
Tutti viviamo sotto la nube della paura. Trump non ha paura e per questo la gente lo vota. «Insurrection», il film sull’assalto al Campidoglio che ho realizzato a partire dai video online di persone che parteciparono ai fatti, è un racconto degli eventi. Se sei un sostenitore di Trump ti piacerà, ma anche se sei un oppositore, perché dirai: «Se queste persone fossero state nere, le forze d’assalto avrebbero sparato fin dall’inizio, mentre hanno permesso tutto, non c’era né polizia né esercito». In ogni caso, come presidente, Trump ha sventato l’escalation bellica in Corea del Nord ed è stato il più pacifico nella storia recente degli Stati Uniti.
È importante la bellezza in un’opera d’arte?
La bellezza e il senso della composizione e del colore sono fondamentali. Naturalmente spesso il mio concetto di bellezza non coincide con l’idea dominante. Un’opera esteticamente bella può contenere un messaggio duro e provocatorio, perché no?
C’è ancora qualcosa che non ha potuto e vorrebbe fare?
Mi piacerebbe creare un lavoro appositamente per la Chiesa.
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