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Il cratere da Pescia Romana conservato nel Museo Archeologico e d’Arte della Maremma a Grosseto

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Il cratere da Pescia Romana conservato nel Museo Archeologico e d’Arte della Maremma a Grosseto

Tesori Etruschi della Toscana | Il Cratere da Pescia Romana

Alla scoperta del capolavoro nascosto nel Museo Archeologico e d’Arte della Maremma a Grosseto in compagnia dell’etruscologo Giuseppe M. Della Fina

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Giuseppe M. Della Fina

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Nella sala XIII del Museo Archeologico e d’Arte della Maremma a Grosseto ci si trova di fronte, quasi all’improvviso, dopo le stanze dedicate alla Roselle etrusca e romana, a un vaso singolare. Lo è già nell’aspetto: un cratere su un piede scampanato con due anse a doppio arco, un labbro volto verso l’esterno e un alto coperchio cilindrico con la presa configurata a skyphos. Di fatto due forme vascolari nello stesso vaso.

La decorazione è presente dovunque: linee orizzontali ornano il piede e la parte inferiore del corpo fin quasi all’altezza delle anse. Le linee sono interrotte, a un terzo dell’altezza, da una fascia risparmiata e decorata con tondi uniti da tangenti.

All’altezza delle anse, su entrambi i lati, è dipinta una metopa tra due triglifi a scacchiera, delimitati da tre linee verticali. Tra i triglifi e le anse, il pittore ha posizionato una fila verticale di losanghe campite a tratteggio. All’interno delle metope sono presenti una rosetta con otto petali stilizzati, triangoli e rosette di dimensioni minori rese a puntini. Le anse presentano tondi collegati con tangenti. Sul labbro figurano linee orizzontali e, più in alto, una decorazione «a zig-zag».

Non basta: il coperchio è sempre decorato con ricchezza e la presa conformata a skyphos presenta, su ambedue i lati, un pannello, delimitato da linee orizzontali e verticali, con, all’interno, due uccelli con il corpo campito a tratteggio, posti uno di fronte all’altro e divisi da una losanga quadrettata.
L’altezza del vaso, compreso il coperchio, raggiunge quasi i 50 centimetri, mentre il diametro dell’orlo risulta di 26.

Il cratere è stato scoperto in scavi condotti in una delle necropoli nella zona di Pescia Romana, forse in quella ubicata in località Serpentaro, ma purtroppo non abbiamo informazioni dettagliate su di essi. Va segnalato che Pescia Romana si trova in un’area che, in epoca etrusca, era sotto il controllo della città-stato di Vulci, una delle più prospere e aperta ai traffici che avvenivano nel Mar Tirreno.

Il vaso è stato attribuito al Pittore di Cesnola, o alla sua bottega, e inizialmente si è pensato che il maestro fosse stato attivo in un’isola delle Cicladi e, più precisamente, a Nasso. Poi il ritrovamento di una hydria, attribuibile allo stesso pittore, a Calcide in Eubea e di vasi vicini alla sua produzione nell’emporio di Pithecussa (l’odierna isola di Ischia), ha fatto propendere per l’ipotesi di localizzare la sua attività in Eubea.

A Pithecussa, infatti, intorno al 775 a.C. si erano stanziate genti provenienti dall’Eubea come loro testa di ponte verso la penisola italiana e quale approdo sicuro in quello che era il mare degli Etruschi. Pochi anni dopo, i coloni sarebbero sbarcati direttamente sulla costa fondando Cuma (750 a.C. ca).

Il cratere databile al 730-710 a.C. dovrebbe quindi essere stato realizzato nell’Eubea, da lì potrebbe avere raggiunto l’emporio occidentale di Pithecussa o Cuma ed essere stato trasportato successivamente a Vulci. Uno scambio, un dono tra persone di rango aristocratico? Non possiamo saperlo.

La storia potrebbe essere ancora più intrigante: il Pittore di Cesnola, o un suo stretto collaboratore, potrebbe essersi trasferito in Etruria portando il proprio bagaglio di conoscenze e avere aperto una bottega in loco per conquistare un mercato nuovo e promettente. Uno tra i primi di una serie di artisti e mercanti immigrati tra gli Etruschi nei decenni successivi. Tra questi ultimi il più noto è un certo Demarato, un aristocratico e ricco mercante originario di Corinto, che sarebbe giunto a Tarquinia intorno al 657 a.C. dopo aver abbandonato la propria patria a seguito dell’ascesa al potere del tiranno Cipselo.

Egli, secondo Plinio il Vecchio, avrebbe introdotto la scultura in terracotta nel mondo etrusco attraverso tre maestri al suo seguito: Eucheir, Diopos ed Eugrammos (Naturalis Historia, XXXV, 152). A lui si dovrebbe anche l’introduzione dell’alfabeto in Etruria secondo lo storico Tacito (Annales, XI, 4), ma oggi sappiamo che la scrittura vi si affermò alcuni decenni prima. Non solo, Demarato sarebbe stato il padre di Lucumone, il futuro re di Roma con il nome di Tarquinio Prisco.

Un vaso quindi che riesce a parlare di genti in movimento nel Mediterraneo nei secoli iniziali del primo millennio a.C., a noi che lo osserviamo con attenzione.

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Il cratere da Pescia Romana conservato nel Museo Archeologico e d’Arte della Maremma a Grosseto

Giuseppe M. Della Fina, 20 novembre 2023 | © Riproduzione riservata

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