Marta Paraventi
Leggi i suoi articoliIl ritorno dell’opera di Perugino è la degna conclusione delle celebrazioni dell’artista avvenute nel 2023. «Primus pictor in orbe» (primo pittore al mondo): così è descritto l’artista nel contratto del 1488 che lo portava a lavorare a Fano dove avrebbe realizzato due importanti opere come la «Madonna con il Bambino in trono e i santi Giovanni Battista, Ludovico di Tolosa, Francesco, Pietro, Paolo e la Maddalena» detta Pala di Durante, e l’«Annunciazione».
La Pala di Durante, dipinta a olio su tavola, fu realizzata a Fano (e non presso la bottega di Perugia come si era ipotizzato), tra il 1488 e il 1497 e deriva il suo nome dall’iscrizione sul piedistallo ai piedi della Vergine dove compare Durante di Giovanni Vianuti, un cui lascito fu utilizzato proprio per la realizzazione di questo dipinto. A completamento della pala figura una lunetta con Cristo in Pietà tra i dolenti e santi Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea e una predella con cinque Storie della vita della Vergine, dove non si esclude la collaborazione del geniale allievo di Perugino, Raffaello Sanzio, allora appena quattordicenne.
L’epocale restauro, curato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, ha riportato la Pala al suo splendore ed ha permesso di approfondirne lo studio, attraverso una capillare campagna di indagini diagnostiche, radiografiche, fotografiche e multispettrali «allo scopo - afferma Emanuela Daffra, soprintendente ad interim dell’OPD, di comprendere bene, prima di intervenire, quali fossero i materiali utilizzati dal pittore, quali i materiali di restauri, quale tipo di degrado avessero avuto e di conoscere le tecniche esecutive».
Tutti questi aspetti sono oggetto della mostra dossier «Pietro Perugino a Fano. “Primus pictor in orbe”» curata dalla stessa Daffra con Anna Maria Ambrosini Massari, realizzata dal Comune di Fano, in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure e con il contributo della Regione Marche, che, attraverso ricostruzioni virtuali e riproduzioni, consentirà non solo di vedere come mai prima la Pala e ogni sua sezione, ma anche di confrontarla con la «pala gemella», realizzata per l’altare maggiore della chiesa degli osservanti della vicina Senigallia. La mostra sarà visibile al pubblico dal 7 dicembre 2023 al 7 aprile 2024 presso il Palazzo Malatestiano.
Da Fano a Jesi, primo comune in Italia ad applicare il decreto Art Bonus nel 2014 con il restauro del supporto ligneo della «Deposizione» di Lorenzo Lotto, continua su questo percorso virtuoso con la presentazione del restauro della Pala della Visitazione dello stesso artista veneto, finanziato in parte con fondi propri ed in parte grazie a due donazioni Art Bonus rispettivamente di Intesa Sanpaolo e della TreValli Cooperlat di Jesi. L’opera, databile al 1538/1539, proviene dalla demolita chiesa di San Francesco al Monte degli Osservanti dove figurava di fronte alla Madonna delle Rose, anch’essa di Lorenzo Lotto e tuttora conservata presso la Pinacoteca Civica di Palazzo Pianetti.
Dal punto di vista conservativo, il dipinto presentava un notevole allentamento della tela della pala; anche la superficie pittorica necessitava di una ripulitura poiché alterata cromaticamente a causa di vecchie vernici. I risultati delle indagini preliminari realizzati a supporto dell’intervento, realizzato da Francesca Pappagallo, già restauratrice di tutte le altre opere jesine del Lotto, con direzione dei lavori di Tommaso Castaldi, funzionario della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ancona e Pesaro e Urbino, hanno permesso di riconoscere l’alta qualità dei materiali utilizzati dal pittore come l’azzurrite ed il lapislazzuli. Questo elemento potrebbe arricchire l'ipotesi, già formulata da Sara Tassi, relativa al coinvolgimento di una ricca committenza gentilizia, forse la famiglia Rocchi.
Altrettanto interessante è la considerazione da parte della restauratrice che il telaio e la relativa chiodatura perimetrale della Visitazione siano originali. Anche se il restauro non ha prodotto novità intorno la vexata quaestio della firma e data, ora perfettamente leggibili come « L Lotus 15..», esso ha restituito alla vista particolari straordinari come, ad esempio, nella lunetta raffigurante l’Annunciazione, il bellissimo panneggio del manto della Vergine e l’ala in ombra dell’arcangelo Gabriele; nella scena centrale la borsa di Santa Elisabetta con terminali e puntale metallici, stranamente coperti dal ritocco del restauro degli anni ‘70/’80. Una annotazione riguarda i fiori deposti a terra che sono stati identificati in Viola odorata o Violetta e in Cheirantus cheiri o Violacciocca gialla.
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