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Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoli«Di nuovo al mondo non c’è nulla, o pochissimo, l’importante è la posizione diversa e nuova in cui un artista si trova a considerare e a vedere le cose della cosiddetta natura e le opere che lo hanno preceduto o interessato». Sono parole pronunciate da Giorgio Morandi (1890-1964) all’inizio degli anni Cinquanta. Vedere tante cose è importante, specie in un ambito vasto, ricco e articolato come quello della creatività contemporanea. E la settimana di Arte Fiera offre senz’altro una proposta espositiva molto nutritae ci sono vari appuntamenti che meritano di essere messi in agenda. Orientarsi è fondamentale, e a fare una prima importante scrematura è la cornice di Art City Bologna, promossa dal Comune di Bologna in collaborazione con BolognaFiere.
La 12ma edizione si svolge dall’1 al 4 febbraio sotto la direzione artistica di Lorenzo Balbi ed è dedicata al più celebre artista bolognese della modernità: Giorgio Morandi, di cui nel 2024 ricorre il 60mo anno dalla morte. Un focus di cinque progetti speciali ne reinterpreta l’opera attraverso artisti e linguaggi contemporanei tra cui performance, video arte, fotografia e suono. In programma anche visite guidate d’autore dedicate, riallestimenti e laboratori nei luoghi morandiani, dal Museo Morandi a Casa Morandi (in via Fondazza) alla dimora dell’artista a Grizzana Morandi (Bo).
Tra i progetti speciali merita una segnalazione la produzione coreografica di Virgilio Sieni «Elegia luminosa» (dall’1 al 4 febbraio): gli oggetti raffigurati nelle nature morte di Morandi divengono qui i destinatari di gesti e manipolazioni che veicolano azioni vitali e pensieri trascendenti. A Palazzo d’Accursio invece (fino al 25 febbraio) da vedere le fotografie di Joel Meyerowitz, tra i principali esponenti della New Color Photography insieme a William Eggleston e Stephen Shore. Sua una serie di scatti realizzati nel 2015 in Casa Morandi, dove ha catturato l’immagine di circa 300 degli oggetti raffigurati nelle nature morte del pittore. Vasi, ciotole, bottiglie, brocche e fiori secchi immersi nella luce naturale a evocare lo stato di contemplazione da cui nascevano i dipinti del maestro.
Da una visita alla dimora di via Fondazza è nato anche il progetto di Mary Ellen Bartley, esposto nel Museo Morandi dal 30 gennaio al 7 luglio. La fotografa americana si è concentrata sui libri che Morandi possedeva e amava, volumi su Corot, Ingres, Piero della Francesca, Rembrandt, Cézanne, divenuti soggetti di composizioni fotografiche scandite da ordinate geometrie, colori tenui e luce soffusa. A trasformare la casa bolognese di Morandi in una natura morta in movimento due film su pellicola lì realizzati da Tacita Dean nel 2009, visibili dall’1 al 4 febbraio. Si intitolano «Still Life» e «Day for Night»: l’attenzione a ogni dettaglio, le lunghe pause e il ritmo lento dilatano il tempo e lo spazio proiettandoci in una dimensione di pura contemplazione, come accade con i dipinti di Morandi.
Nella Casa Museo Giorgio Morandi e negli spazi dei fienili del Campiaro a Grizzana Morandi, nell’Appennino bolognese, dove il pittore soggiornava nei periodi di villeggiatura, dal 3 al 4 febbraio si può esperire l’installazione sonora «Saturnine Orbiting» di Mark Vernon, dove gli oggetti morandiani si trasformano in strumenti musicali. (Dove non sono citate le sedi dei progetti è perché sono ancora in fase di definizione nel momento in cui il «Vedere a Bologna e dintorni» va in stampa, si prega pertanto di verificare sul sito artcity.bologna.it).
Al MAMbo un excursus dell’arte al femminile, con la prima scultrice di cui si abbia notizia nella storia dell’arte europea, Properzia de’ Rossi, nata a Bologna nel 1490, bella, talentuosa e intraprendente, lavorò alla fabbriceria di San Petronio, e fu l’unica donna cui il Vasari riservò una biografia nelle Vite. A dialogare coi suoi lavori le opere di Lynda Benglis (nella project room del museo), altra virtuosissima scultrice che si è fatta strada in un mondo non meno maschilista, la scena artistica newyorkese degli anni Settanta, sue le raffinate torsioni in marmo ispirate alle linee della scultura barocca (fino al 26 maggio). Ancora al MAMbo, nella Sala delle Ciminiere, un’antologica dedicata all’artista torinese Ludovica Carbotta (dall’1 febbraio al 5 maggio),oltre alle sue installazioni ambientali che ipotizzano nuove architetture e forme di socialità, l’anteprima del film «Monowe series», vincitore dell’XI Italian Council.
Da segnalare anche «Bloodline Shrine» di Meredith Monk nel Pio Istituto delle Sordomute Povere, una video installazione composta da cinque monitor per indagare il valore comunicativo del corpo e della voce al di là del linguaggio. Ventinove, invece, i codici di diritto penale cancellati da Emilio Isgrò nella Facoltà di Giurisprudenza: «Ho cancellato il codice civile e il codice penale perché senza parola non c’è diritto e senza diritto non c’è democrazia. Il primo impegno dell’arte è quello di discutere in un mondo che urla», afferma l’artista. Da segnalare, infine, nel Museo Morandi il piccolo focus «Morandi metafisico. Tre disegni. Una storia», con tre disegni vicini allo stile del movimento, che il maestro ha sperimentato in una decina di tele a olio conservate in vari musei internazionali.
Da vedere, fino all’11 febbraio, nella Pinacoteca Nazionale di Bologna la grande mostra che mette in luce metodo di lavoro e tecniche esecutive dell’opera del Guercino, venticinque importanti lavori, alcuni monumentali, e numerosi disegni preparatori mettono in luce anche la natura imprenditoriale della sua bottega, grazie al prezioso Libro dei Conti redatto fino al 1649 dal fratello Paolo Antonio e dopo la sua morte dal Guercino stesso. Tra le opere esposte la monumentale e solenne pala «Vestizione di San Guglielmo» del 1620 e il «San Bruno in adorazione della Madonna in gloria» del 1647, realizzato probabilmente in collabora- zione con il fratello Paolo Antonio e il «San Bruno in adorazione della Madonna in gloria» del 1647, realizzato probabilmente in collaborazione con il fratello Paolo Antonio.
A Palazzo Fava Palazzo delle Esposizioni prosegue fino all’11 febbraio la prima retrospettiva postuma dedicata a Concetto Pozzati, il cui linguaggio Pop colto, ironico e raffinato, denso di stratificazioni metafisiche e surreali., è documentato con una cinquantina tra dipinti, installazioni e la vori su carta, molte di grande formato: alcune opere sono inedite, ma tutte provenigono dall’Archivio Concetto Pozzati, tra queste la monumentale installazione «Dopo il tutto» (1980), com-posta da 301 disegni.
All’ultracontemporary guarda infine la Sala Convegni Banca di Bologna-Palazzo De’ Toschi con «Abbandona gli occhi», la personale di Patrick Tuttofuoco curaata da Davide Ferri e visitabile dal 30 gennaio al 18 febbraio: nuove installazioni scultoree realizzate con un mix di materiali classici e sintetici, dal marmo al metacrilato, dal neon al ferro alla plastica, nel tipico stile con cui Tuttofuoco rielabora e fonde influenze minimal, pop e concettuali, interrogandosi su come il nostro cervello elabori la conoscenza del mondo esterno attraverso fluttuazioni energetiche che lo raggiungono senza l’ausilio della vista.
Tante anche le proposte espositive delle gallerie cittadine, tra queste Allen Jones, uno dei fondatori del pop britannico, alla Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. dal 31 gennaio al 26 aprile; opere su carta e una scultura di Umberto Mastroianni da Stefano Forni fino al 4 febbraio; le silhouette di Mario Ceroli da de Foscherari fino al 23 febbraio e i disegni rarefatti di Adelaide Cioni da P420.
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