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Roberto Longhi

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Roberto Longhi

Tutto online l’archivio di Roberto Longhi

Su iniziativa di Dianne Dwyer Modestini e a cura di Ilaria Della Monica, il lavoro di riordino e digitalizzazione dell’archivio documentale consente di navigare tra appunti, lezioni, fotografie private, corrispondenza (12mila lettere) e materiali poco noti su monumenti, musei e collezioni private italiane ed europee, spesso accompagnati da disegni e schizzi

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Laura Lombardi

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Dopo tre anni di lavoro, l’archivio dello storico dell’arte Roberto Longhi è online. Piemontese di nascita (nacque ad Alba, Cn, nel 1890), Longhi visse a Firenze (vi morì nel 1970) dove trascorse molti anni nella dimora di via Fortini, «Il Tasso», sede ora della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi, presieduta da Cristina Acidini e diretta da Claudio Paolini. Il riordino e la digitalizzazione dell’archivio documentale, presentato in una grafica chiara ed elegante, si sono svolti a cura di Ilaria Della Monica, storica dell’arte, capo archivista dell’Harvard University Center for Italian Renaissance Studies (che ha sede nella Villa «I Tatti», dimora di Bernard Berenson), prestata alla Fondazione Longhi per questo progetto.

Dottoressa Della Monica, com'è nato questo progetto?
L’iniziativa nasce dalla volontà e dal generoso contributo di Dianne Dwyer Modestini, storica dell’arte, restauratrice e docente presso la NYU Institute of Fine Arts, membro del board della Fondazione Longhi stessadi riorganizzare questo fondo archivistico per poterlo mettere a disposizione degli studiosi e degli appassionati, con occhio attento alla conservazione, quindi con la necessità di digitalizzare sezioni importanti.

Come è proceduto il lavoro?
Il riordino delle carte si presenta nella forma classica dell’inventario, ma anche in quella più dinamica del database, che indirizza quindi agilmente la ricerca, suggerendo la struttura del complesso archivistico. Ricordo che ogni archivio si forma spontaneamente e non deve esserci alcuna volontà del soggetto produttore, sia questo una magistratura o un singolo.

Come si presenta l’archivio e che cosa contiene?
L’archivio contiene una ricchissima parte di appunti suddivisi per artista, luogo e fonti; molti si riferiscono ai viaggi di Longhi per l’Europa. Sono materiali molto poco noti, ricchissimi di riflessioni su monumenti, musei, collezioni private e spesso accompagnati da disegni e schizzi a penna. Sono vergati a mano, in parte in un corsivo chiarissimo, in parte stenografando (in questo caso la digitalizzazione era proprio fondamentale) e chiariscono in quale modo si formi la figura del conoscitore. Vi sono poi i testi delle lezioni di storia dell’arte tenute a Roma, Bologna e Firenze. Abbiamo trovato ad esempio gli appunti creduti persi di «Fatti da Masolino a Masaccio» e anche quelli di un corso sconosciuto sulla pittura a Firenze da Giovanni da Milano al 1420, pubblicato da Alice Turchi su «Paragone» nel 2020. Di grande interesse sono anche le circa 12mila lettere che permettono di ricostituire il dialogo con storici dell’arte, artisti, letterati e intellettuali. Infine, le sezioni che riuniscono foto intime e di amici.

Che cosa emerge della personalità di Longhi da queste carte?
Longhi ha un’attività a 360 gradi di storico dell’arte, docente e curatore di esposizioni a cadenza biennale e quadriennale, ma anche di grandi mostre come quella su Caravaggio oppure sull’arte lombarda dagli Sforza ai Visconti, su Morandi ecc. È fondatore e direttore di riviste, da «Vita Artistica» a «Le arti» a «Paragone» nel 1950, si occupa di premi letterari, collabora con il Ministero per la tutela del patrimonio, si dedica alla divulgazione tramite documentari televisivi... Dalle lettere a lui indirizzate da amici o allievi (Attilio Bertolucci, Pier Paolo Pasolini, Alberto Graziani, Francesco Arcangeli, Mina Gregori...) mi sembra poter individuare negli anni bolognesi il momento aureo del suo insegnamento.

Quale sarà la prossima tappa?
A breve nel sito confluirà l’archivio di Lucia Lopresti, che Longhi conosce a Roma e che sposerà; dopo aver collaborato per alcuni anni con il marito, lei si concentra più sulla letteratura firmando i suoi libri con il nome di Anna Banti. Fondamentale sarebbe ora digitalizzare la fototeca di Longhi, strumento primario di ricerca. Dalle immagini da lui raccolte si capisce il percorso dei suoi interessi nonché il suo metodo di studio, con la consuetudine delle fotografie ritagliate e le note sul retro delle immagini. Materiali abbondantissimi che potrebbero così esser messi a confronto con quelli dell’archivio di Federico Zeri (presso l’Università di Bologna) o di Bernard Berenson (Firenze, I Tatti). Finora il sostegno è stato in larga parte offerto da Dianne Modestini e il Ministero della Cultura ha finalizzato una piccola tranche, ma l’intento sarebbe ora di affidare il lavoro a giovani studiosi, cercando aiuto in fondazioni straniere attente, già in passato, a questo patrimonio di ricerca.
 

Roberto Longhi

Anna Banti

Laura Lombardi, 15 agosto 2022 | © Riproduzione riservata

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