Flavia Foradini
Leggi i suoi articoliIl Kunstmuseum di Basilea sta trattando per un «adeguato» risarcimento per un quadro che aveva acquistato dalla contessa Charlotte von Wesdehlen nel 1940 (a detta dello stesso museo, per un prezzo «vergognosamente basso»): «La muse inspirant le poète/Apollinaire et sa muse» (1909) di Henri Rousseau. Nel 2021 gli eredi della nobildonna, fuggita da Berlino in Svizzera, chiesero al museo informazioni più dettagliate sulla transazione.
Gli esiti delle ricerche, presentati a giugno 2022, portarono quindi alla richiesta di restituzione dell’opera. Il quadro è tuttavia definibile come «Fluchtgut» e non come «Raubgut»: una differenza che il museo vede ora come motivo per un risarcimento, ma non per la restituzione. «Fluchtgut» (termine proposto dal «Rapporto Bergier» nel 2002), contraddistingue beni che vennero venduti per necessità da profughi in fuga dal nazismo in un Paese terzo e non occupato e non vennero dunque razziati.
Tuttavia, Felix Uhlmann, presidente della commissione per l’arte del Kunstmuseum di Basilea, ha affermato che «l’accordo noto come i “Principi di Washington” ci obbliga a soluzioni “giuste ed eque” anche in caso di “Fluchtgut”». Un caso analogo in Germania qualche anno fa aveva avuto esito opposto: fuggito in Svizzera per salvarsi dal nazismo, Max James Emden dovette vendere parte della sua collezione.
Due dipinti acquistati dal trafficante nazista Karl Haberstock («Il fossato dello Zwinger di Dresda» e «La Chiesa di San Carlo a Vienna», entrambi di Bernardo Bellotto), poi finiti in musei tedeschi, vennero restituiti nel 2019. La Commissione tedesca per la restituzione considerò come fattore dirimente la «sistematica distruzione da parte del Terzo Reich dei mezzi di sostentamento di persone, come strumento della politica razziale».
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