Il mare e i suoi abitanti, antica passione di Corrado Bonomi (Novara, 1956), sono al centro della personale «Acque chete», curata da Alberto Fiz per l’Acquario Civico, dove è visibile dal 19 gennaio al 26 febbraio. Venti le opere esposte di questo esponente del Concettualismo Ironico: di quella squadra d’artisti, cioè, che si potrebbero definire «guastatori», ostili come sono a ogni codificazione e tesi a spiazzare con ogni mezzo l’osservatore.
Quanto a Bonomi, scrive Fiz in catalogo (Allemandi), «dal 1987 a oggi, in un girotondo poetico e dissacrante, mette in crisi le nostre certezze strizzando l’occhio a mito, letteratura e arte. Le acque chete di Bonomi nascondono molte insidie e sorprese». Qui, dopo aver attraversato, come novelli Giona o Pinocchio, il «Ventre della balena» (un’opera site specific), ci s’imbatte in «Nuovi arrivi», lavoro di oltre tre metri di base dove, attingendo alla mitologia polinesiana, che narra di uomini messi in salvo da cetacei, non meno che alla leggenda del monaco irlandese san Brandano, figura un capodoglio che diventa una nave di migranti.
Ma nel percorso ci s’imbatte anche in esempi del progetto «Mare» (in progress dal 1987), con cui Bonomi cataloga innumerevoli specie marine, introducendone la sagoma in lattine per il tonno sottolio, qui impigliate in reti da pesca e in altri lavori che si presentano come citazioni, stravolte però, da Wagner (il «Vascello fantasma») o Dostoevskij («Il coccodrillo: un caso straordinario»).
Non poteva mancare Duchamp, con l’orinatoio in cui galleggia, qui, una barchetta di carta, insieme ad altri lavori di non meno aguzza ironia. Oltre alla profetica «Arca Virus» (è del 2009), dove 12 provette che alludono ad altrettanti agenti patogeni sono trasportate da un’arca su cui sventola la bandiera gialla del pericolo sanitario.
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