Francesco Bandarin
Leggi i suoi articoliL’arcipelago delle Isole Lofoten si trova nel Nord della Norvegia, tra il 68° e il 69° parallelo, sopra il Circolo polare artico. L’arcipelago è formato da otto isole maggiori (Hinnoya, Austvagoy, Gimsoya, Vestvagoy, Flakstadoya, Moskenesoya, Vaeroy e Rost) e molte minori, e si protende verso ovest nel Mare del Nord beneficiando, grazie alla corrente del Golfo, di un clima particolarmente temperato rispetto alla sua latitudine.
Le isole Lofoten sono caratterizzate da fiordi e da alti picchi montuosi che formano un paesaggio di eccezionale bellezza, all’interno del quale si situano piccoli insediamenti che per secoli hanno fondato la loro esistenza sulla pesca del merluzzo bianco (Gadus morhua), specie che ha, nelle acque del Vestfjord, tra le isole e la terraferma, la sua principale zona di riproduzione. Infatti, milioni di merluzzi, che nascono in queste acque, e si spostano dopo la nascita nel Mare di Barents, raggiunta la maturità sessuale ritornano qui, dopo un viaggio di 800 chilometri, per deporre le uova.
Le isole, la cui formazione geologica le situa tra le zone più antiche della terra (oltre tre miliardi di anni) sono state abitate fin dalla Preistoria: sono state infatti trovate tracce di passaggi umani databili a 11.000 anni a.C. e insediamenti neolitici del V millennio a.C. Le isole vennero popolate a partire dal III secolo d.C. da popolazioni vichinghe, dei cui insediamenti restano importanti resti archeologici, come ad esempio la «casa lunga», oggi ricostruita e sede del Museo Vichingo di Borg nell’isola di Vestvagoy, un edificio collettivo con usi misti, lungo 83 metri, che risale alla metà del primo millennio d.C.
La fortuna delle isole iniziò tuttavia in epoca medievale, a partire dal 1100 circa, quando aumentò in modo sensibile l’attività di pesca e quando si formò la prima città del Nord della Norvegia, Vágar. Le isole entrarono a far parte della Lega Anseatica a partire dal XIII secolo e basarono la loro economia sull’esportazione di uno dei prodotti alimentari più pregiati dell’epoca: lo stoccafisso. Diversamente dal merluzzo grigio (Gadus microcephalus) che si trova soprattutto nelle acque dei Grandi Banchi di Terranova e che viene conservato mediante salagione (ed è chiamato baccalà in tutto il mondo), il merluzzo bianco (lo stoccafisso) viene essiccato naturalmente, esponendolo per alcuni mesi (da febbraio a maggio) all’aria libera, dove perde il 70% del suo peso ma conserva tutte le sue proprietà nutritive.
Lo stoccafisso è facile da trasportare, essendo leggero, e si conserva perfettamente per moltissimi anni. Per questa ragione divenne una dotazione fondamentale delle antiche marinerie, diffondendosi in molte parti d’Europa e in particolare a Venezia e nel Veneto, dove ancora oggi è alla base di moltissime ricette. Collegate via mare al grande porto di Bergen, le isole svolgevano e svolgono un ruolo fondamentale nell’economia della Norvegia, che prima di diventare uno dei principali produttori di petrolio fondava la sua sopravvivenza sulla pesca e sul legname. Per questo motivo lo Stato norvegese ha (finora) bloccato lo sfruttamento di un gigantesco giacimento petrolifero di oltre 1,3 miliardi di barili localizzato nelle acque delle Isole Lofoten, per salvaguardare il loro equilibrio ambientale e la loro florida attività peschereccia.
Nel Sud dell’arcipelago, nello stretto tra l’isola di Moskenesoya e le isolette di Vaeroy e Rost, si trova il celeberrimo maelström, l’immenso gorgo creato dal flusso e riflusso delle grandi maree del Mare del Nord al loro passaggio attraverso lo stretto, largo circa 5 chilometri e poco profondo rispetto al mare (circa 50-60 metri). Il movimento delle maree, che hanno una escursione di oltre quattro metri, crea un vortice che arriva a ruotare fino a sei nodi di velocità.
Scrittori come Edgar Allan Poe (1809-49) nel suo racconto Una discesa nel Maelström, pubblicato nel 1841, e Jules Verne (1828-1905) nel romanzo Ventimila leghe sotto i mari (1869) trassero ispirazione da questo fenomeno naturale per i loro scritti. Accanto allo stoccafisso, il cui mercato principale resta l’Italia, il turismo è oggi diventato una delle principali risorse economiche delle Lofoten, favorito anche dal fenomeno dell’aurora boreale, che si può osservare a questa latitudine, e dalla buona conservazione di molti villaggi tradizionali, che conferisce alle isole un’antica atmosfera marinara.
I flussi turistici (circa un milione di visitatori all’anno) vengono gestiti in modo esemplare, con grande attenzione alla sostenibilità e al rispetto dell’ambiente. L’interesse per le risorse petrolifere delle isole ha finora posto in stallo il progettato loro inserimento nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, nonostante la pressione del mondo ambientalista, che vede nella conservazione di questo straordinario arcipelago un esempio di gestione equilibrata delle risorse naturali.
Francesco Bandarin è stato direttore del Centro del Patrimonio Mondiale e vicedirettore generale per la Cultura dell’Unesco dal 2000 al 2018
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