Più che benestante ma parsimoniosa, attenta al decoro ma senza ostentazione, la famiglia Macchi di Morazzone, nel Varesotto, era la perfetta incarnazione di quella borghesia che, tra ‘800 e prima metà del ‘900, portò l’economia italiana nella modernità. I Macchi vissero per 150 anni nella casa di famiglia, affacciata sulla piazza parrocchiale, lasciandola praticamente intoccata fino agli anni ‘50 del secolo scorso, quando l’ultima erede, Maria Luisa Macchi, scomparsi i genitori, la chiuse per sempre, senza spostare nemmeno un bicchiere, e si trasferì altrove.
Morendo, nel 2015, «la signorina», come la chiamavano in paese, la lasciò al FAI, con una dote per i restauri, così com’era: tetti in rovina, molti soffitti crollati, pareti macchiate d’umidità, mobili tarlati, le trapunte di raso ancora posate sui letti, strappate dai calcinacci caduti dalle volte, centrini di pizzo e ninnoli polverosi sui tavolini...
Che farne? Ci voleva lo sguardo lucido e visionario di Marco Magnifico per mettere mano a quel relitto e farne un impagabile fermo immagine sulla vita benestante ma frugale della borghesia di quella stagione; un documento antropologico illuminante ma al tempo stesso un luogo dell’anima per chiunque, grazie a quell’affettuosa capacità di accoglienza che era delle case dei nonni o bisnonni di molti di noi. Una Pompei del XX secolo, per Magnifico.
Quattro anni di restauri radicali ma anche delicati e rispettosi, nel segno della conservazione (anche dei segni del tempo), e Casa Macchi, ora dotata d’impianti all’avanguardia e sostenibili, e adeguata alle stringenti normative delle case museo, il 18 dicembre scorso si è aperta al pubblico, con l’emporio al piano terreno (realizzato dal FAI con Fondazione Cariplo), dove si vendono prodotti del territorio. Di qui, introdotti dal videoracconto narrato da Lella Costa, dal giovedì alla domenica si accede al bel giardino e alle stanze, con i duemila oggetti, tutti restaurati, di sapore gozzaniano cui si deve questa irripetibile atmosfera.
L’intero progetto, però, grazie all’accordo di programma tra Regione Lombardia, Comune di Morazzone, FAI e Provincia di Varese, si propone come punto d’avvio di «un originale percorso di rivitalizzazione del tessuto urbano, sociale ed economico del nostro piccolo borgo, in cui si trova profondamente coinvolta l’intera comunità morazzonese», spiega il sindaco Maurizio Mazzucchelli (stesso cognome di quel Pier Francesco Mazzucchelli, detto appunto «il Morazzone», 1573-1626, geniale pittore dell’età della Controriforma, che da questo borgo, dov’era nato, prese il nome d’arte).
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