Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Francesco Tiradritti
Leggi i suoi articoliNel tentativo di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sul proprio patrimonio culturale, l’Egitto continua a spettacolarizzare eventi di carattere archeologico in tutto il Paese. In questo contesto rientra anche la cerimonia, tenutasi al Tempio di Luxor il 18 aprile scorso, durante la quale è stato rivelato il risultato del restauro compiuto sull’ultimo dei colossi (quello all’estremità orientale) che decorano la facciata del santuario.
Grande è stata la sorpresa quando, caduto il telo che la ricopriva, è comparsa una statua in posizione «osiriaca» (corpo mummiforme e braccia conserte) del tutto diversa dalle altre tre che sono invece in posizione incedente (gamba sinistra avanzata e braccia allungate lungo i fianchi). L’evidente discrepanza ha scatenato una polemica che, a distanza di quasi un mese, non sembra destinata a concludersi.
Da una parte ci sono coloro che considerano il restauro frutto di un errore e di colossale incompetenza; dall’altra il Ministero delle Antichità che si è espresso a più riprese sulla correttezza dei lavori. A infiammare la polemica è stata una scena della decorazione dello stesso Tempio di Luxor che mostra i figli di Ramesse II (inizio XIII secolo a.C.), autore dei lavori di ampliamento del santuario, che si dirigono verso la facciata dell’edificio. Secondo il rilievo i colossi dovrebbero essere sei: due seduti e quattro incedenti.
Basandosi su questa immagine, alcuni archeologi egiziani, da anni critici sull’operato del Ministero delle Antichità, hanno affermato che sia stato preso un colosso che in origine si trovava in un’altra parte del tempio e si sia eretto davanti alla facciata per completarla.
Non sono mancati gli interventi da parte di egittologi stranieri che si sono schierati a favore della decisione presa dal Ministero delle Antichità. Tra questi vi è Ray Johnson, direttore della missione epigrafica dell’Università di Chicago a Luxor che, insieme all’ambasciata americana al Cairo ha finanziato le operazioni di ricostruzione del colosso: «I pezzi recuperati indicano che la statua era in posizione ‘osiriaca’ e la sua base, ancora in situ, era troppo piccola per accogliere una scultura incedente. Ritengo perciò che la ricostruzione e la sua posizione originale siano corrette al 100%».
Questa testimonianza ha gettato acqua sul fuoco delle polemiche che però non accennano a placarsi sulla base del fatto che il restauro non è stato eseguito con la dovuta accuratezza. In effetti il gomito destro del colosso è più basso del sinistro e le gambe risultano troppo lunghe. In una recente intervista alla rivista online «Al Masrawy», il ministro delle Antichità Khaled El-Anany si è giustificato asserendo che il lavoro di restauro deve essere completato e che la cerimonia del 18 aprile intendeva soltanto marcare la fine della prima fase dei lavori.

Il portico di Amenofi III a Luxor. Foto: Jose Antonio
Altri articoli dell'autore
La missione archeologica del Consiglio Superiore delle Antichità egiziano ha rinvenuto la tomba in grado di aggiungere tasselli importanti all’inizio e alla fine dell’Antico Regno, il periodo in cui furono costruite le piramidi di Giza
La struttura in mattoni crudi è stata rinvenuta a Ismailiya, località del Delta orientale oggetto di scavo solo da alcuni decenni
Una serie di scavi nel santuario di Amon restituisce gioielli e amuleti all’interno di un vaso spaccato molto probabilmente risalenti alla XXVI dinastia (650-550 a.C.)
Ci sono perplessità sul «sabbioso» e «polveroso» cimelio, di proprietà del famoso scopritore della tomba di Tutankhamon, battuto all’asta a 12mila sterline