Di Gerolamo da Romano detto il Romanino, artista misterioso e randagio, non si conoscono le date esatte né della nascita né della morte. Probabile figlio d’arte, nacque tra il 1484 e il 1487 a Brescia, dove morì «dopo il 1562». Poco si sa anche della gioventù, sebbene sia evidente la formazione lombarda e veneziana, ma dal 1509-10 iniziò a spostarsi in Veneto, Lombardia e Trentino, impegnato in commesse prestigiose nei grandi centri ma anche in luoghi più periferici, come Pisogne sul Lago d’Iseo, dove creò il suo capolavoro nel ciclo d’affreschi di Santa Maria della Neve: per Giovanni Testori «la Cappella Sistina dei poveri», per lo stile anticlassico e l’attenzione alla vita degli umili.
In questo 2023 in cui Bergamo e Brescia sono Capitale italiana della Cultura, entrambe le città hanno promosso restauri di opere di sua mano: il primo a Villongo, località a una ventina di chilometri da Bergamo lungo il percorso artistico e paesaggistico della «Via del Romanino», il secondo a Brescia. In entrambi i casi si tratta di un «ritorno», il primo dei quali è stato presentato a Villongo il 15 aprile.
Qui il restauratore Antonio Zaccaria (con la Soprintendenza) ha ricollocato nella Cappella di San Rocco i tre affreschi, la «Madonna con Bambino, san Rocco e san Sebastiano», «San Filastro, elemosina di san Rocco» e «San Gerolamo», strappati nel 1967 da Giuseppe Arrigoni e riportati su tela per essere poi ricomposti nella vicina Casa Bondurri, dove non erano però visibili al pubblico. Cambiata la proprietà dell’edificio, occorreva collocarli altrove. Su proposta di Vincenzo Gheroldi della Soprintendenza di Bergamo e Brescia, si è deciso di riportarli nell’edicola di San Rocco, dove restavano solo le tracce fantasmatiche delle sinopie.
Per collocarli nuovamente all’aperto, spiega Zaccaria, occorreva sostituire «i supporti lignei e i pannelli in truciolato concepiti per conservarli in ambiente interno e riportarli alle forme originarie che seguivano l’impianto architettonico della volta a ombrello della cappella, forme che Arrigoni aveva alterato. Oltre a provvedere alla manutenzione delle superfici dipinte e alla messa in sicurezza nell’edicola degli intonaci superstiti con tracce di sinopia, si è dunque dovuto provvedere alla complessa ricollocazione delle opere negli spazi originali, con lo smontaggio dai supporti lignei del 1967, la progettazione e costruzione di nuovi supporti in grado di garantire la buona conservazione in ambiente esterno e il ripristino dell’originaria scansione centinata della porzione superiore delle composizioni».
Un «ritorno» è anche quello del Duomo Vecchio di Brescia dove, durante i lavori per il restauro dell’organo Antegnati-Serassi, sono ricomparse porzioni di affreschi del Romanino documentati dalle fonti antiche ma nascosti nel primo ’800. Il restauro conservativo ed estetico è stato condotto di concerto con la Soprintendenza da Paolo Mariani di Studio e Restauro Beni Culturali e Roberto Pellegrini dello studio architetti Montini Pellegrini ed è sostenuto da Intesa Sanpaolo nell’ambito del progetto «Restituzioni», che dal 1989 vede il Gruppo a fianco delle Soprintendenze italiane.
Dopo il monitoraggio, l’analisi e il consolidamento delle diverse zone dei dipinti murali, si procederà ad asportare il particellato atmosferico e le sostanze organiche depositate sulla loro superficie, reintegrando poi le lacune ad acquarello. Intanto, grazie al Comune di Brescia (che ha erogato complessivamente oltre 425mila euro per i progetti, i lavori edili necessari e il restauro della gran macchina), procede l’intervento sull’organo stesso, condotto da Andrea Mascioni e Giuseppe Spataro, organologo, e dal citato Paolo Mariani. La fine dei lavori è prevista per il prossimo settembre.
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