Gilda Bruno
Leggi i suoi articoliLa nuova generazione di fotografi e artisti visivi guarda alla contemporaneità e ai suoi temi più critici con una consapevolezza e un desiderio di sperimentazione inediti. Futuro Presente vuole dar voce ai giovani talenti che rappresentano il futuro della fotografia; un futuro che è, forse, già presente. Sono infatti più urgenti che mai le tematiche affrontate dal lavoro di questi artisti visivi: dal cambiamento climatico alla decolonizzazione dello sguardo, dall'utilizzo degli archivi storici alla rilettura delle classiche pratiche di documentazione fotografica.
Per Anastasia Samoylova (1984), artista visuale nativa di Mosca, che attualmente vive tra Miami e New York, la fotografia è una lente attraverso cui confrontarsi con le sfide d’oggigiorno, visualizzandone fattori scatenanti, paradossi e possibili via d’uscita. All’intersezione tra arte, architettura ed ecologia, la sua produzione fotografica affonda le radici nello studio della progettazione ambientale sostenibile: un campo a cui si è dedicata durante il suo master in Environmental Design, conseguito presso la Russian State University for Humanities nel 2007, prima di trasferirsi negli Stati Uniti.
Facendo leva sulle conoscenze acquisite durante il suo percorso universitario in Russia, il quale «comprendeva corsi in pittura e altri fondamenti artistici», spiega l’artista, Samoylova ha approfondito la sua inclinazione verso diverse discipline creative con una magistrale in Belle Arti, ottenuta nel 2011. Dapprima servendosi del medium fotografico «per documentare bozze di edifici e spazi esterni», Samoylova ha gradualmente incorporato la fotografia nella sua pratica artistica: inizialmente rendendola il punto di partenza dei suoi collage ispirati al Dadaismo e all’avanguardia russa, poi abbracciandola in maniera indipendente. In «Floridas» (2022), la serie al cuore del suo ultimo fotolibro, l’artista esplora come crisi climatica, turismo di massa, edilizia sfrenata e boom demografico stiano riscrivendo la storia del Sunshine State di pari passo con le politiche Trumpiane del suo governo repubblicano. L’abbiamo intervistata per scoprire di più riguardo al suo lavoro e ai suoi progetti futuri.
Ci può raccontare il processo creativo che sta alla base dei suoi progetti a sfondo sociale?
Ciò che contraddistingue la mia pratica è il desiderio di esplorare luoghi differenti, rappresentandoli attraverso la fotografia in maniera più o meno diretta. Prima ancora di «FloodZone» (2019), la mia serie «Landscape Sublime» (2014-2015), con i suoi vibranti collage di paesaggi giustapposti tra loro, era forse la manifestazione più evidente di questo mio interesse. Quando vivevo nel Midwest, guardavo alla Florida attraverso l’immagine fantastica che ne danno pubblicità e mass media. Solo dopo essermi trasferita a Miami ho capito che il costo della vita in questo paradiso, oggi messo a dura prova dal riscaldamento globale, è di molto superiore a quello di un’assicurazione contro le inondazioni.
Sebbene la crisi climatica non sia circoscritta al sud della Florida, quest’area è tra le prime a subirne le conseguenze. Questo non traspare dalle immagini che promuovono lo sviluppo immobiliare e il turismo nel Sunshine State: nel mio lavoro, metto in evidenza la discrepanza tra finzione e realtà. Il cambiamento climatico nasce dagli eccessivi consumi, dallo sfruttamento della manodopera e delle risorse naturali, e dalle nostre scelte politiche, le quali influenzano l’attenzione che questo problema riceve e il modo in cui la classe politica si propone di risolverlo. Grazie all’arte, rimango ottimista riguardo al futuro, affrontando la realtà cupa dei nostri giorni con la giusta dose di ironia poetica.
Il progetto raccontato nel suo ultimo fotolibro, Anastasia Samoylova & Walker Evans: Floridas (2022), è il focus della sua nuova personale, in mostra al C/O Berlin dal 28 gennaio al 4 maggio. Cosa l’ha spinta a realizzare questa nuova collezione e quali richiami artistici sono presenti al suo interno?
Mentre lavoravo a «FloodZone» (2019), ho iniziato ad accumulare immagini che si discostavano da quelle pubblicate nell’omonimo volume fotografico, prestando maggiore attenzione agli affascinanti soggetti che abitano la Florida. Ho cominciato quindi a fotografare «democraticamente», permettendo alla vita di tutti i giorni di riversarsi all’interno dei miei scatti. Questo approccio è simile a quello del fotografo William Eggleston, la cui retrospettiva sarà presentata al C/O Berlin in contemporanea alla mia mostra. Ne sono entusiasta perché, per anni, Eggleston è stato una grandissima fonte di ispirazione: alcuni dei soggetti vernacolari che ho fotografato sono un omaggio al suo lavoro.
Dopo avere scattato metà di quel che è diventato «Floridas» (2022), ho scoperto che Walker Evans), figura cardine della fotografia americana, aveva documentato lo stato per 40 anni, sia attraverso la fotografia che con la pittura. Durante il suo soggiorno a Hobe Sound, Evans aveva composto un elenco di soggetti su cui concentrarsi mentre fotografava le città americane. Tra questi spiccano «cultura falsa», «religione in decadenza», «automobili e paesaggio automobilistico», «pubblicità» e altri fattori che hanno predetto gli sviluppi economici, politici e socioculturali a cui assistiamo oggi. Per me la Florida, con le sue tensioni e i suoi sogni e paradossi, rappresenta perfettamente gli Stati Uniti nel loro insieme.
Guardando le sue fotografie, poco sembra restare del sogno americano. Quale futuro attende gli abitanti della Florida?
Tradizionalmente, il sogno americano si riferiva ai diritti umani, alla libertà, all’uguaglianza e alla democrazia rappresentativa. Il concetto è stato poi associato ai valori della famiglia e alla prosperità economica, soprattutto in relazione alla mobilità verso l’alto che l’«American Dream» avrebbe dovuto garantire a tutti. Col tempo, sono emersi alcuni lati oscuri del «sogno»: xenofobia e omofobia, sfruttamento del lavoro e sostituzione della libertà con il libero accesso alle armi. Dal divieto di libri sulla Critical Race Theory al «Don't Say Gay» (disegno di legge volto a troncare il dialogo sull’omosessualità nelle scuole), dai tagli ai diritti alla riproduzione e all’accesso all’aborto legale all’impatto ambientale della dipendenza da trasporti privati. Il futuro della Florida è nelle mani dei politici.
Per quanto la situazione sia complicata, sono tanti gli attivisti che si dedicano giornalmente alla salvaguardia ambientale, indipendentemente dal loro schieramento politico. Il paesaggio naturale della Florida è indescrivibile ed esistono ancora aree preservate interamente nel loro stato incontaminato. Al momento, è in corso una ricerca sull’adattamento e la mitigazione del clima. Spero che i nuovi abitanti, arrivati con la grande migrazione interna degli ultimi anni, contribuiscano in maniera positiva allo sviluppo dello stato, sia economicamente che culturalmente, alleviando le conseguenze della gentrificazione causata dalla stessa ondata migratoria.
Che progetti ha per il 2023 e in che modo pensa di espandere la sua esplorazione visiva dell’America contemporanea negli anni a venire?
Dopo essermi trasferita a Miami nel 2016, vidi una mostra su Berenice Abbott e la sua documentazione della Route 1, la vecchia autostrada che corre lungo la costa orientale degli Stati Uniti, da Miami al Maine. Quell’esposizione mi aprì gli occhi su questo genere di fotografia di viaggio, tutta americana, e sulla mancanza di fotografe donne rappresentate in esso. Recentemente, ho notato che gran parte della discussione sul femminismo ruota attorno a temi quali l’immagine del corpo, la domesticità, il parto e la maternità. Per me, promuovere una visione dello spazio pubblico ispirata all’esperienza femminile è un qualcosa di decisamente femminista, così come lo è navigare quello stesso spazio da donna.
Nel 2022, ho completato la prima iterazione della mia nuova serie, «Image Cities», realizzata in 15 paesi nel corso di un paio d’anni. Il libro che ne deriva, pubblicato da Fundación Mapfre (dove è ora in mostra) e Hatje Cantz, in uscita questo febbraio, è una continuazione delle tematiche a cui mi sono interessata in passato, qui visualizzate in modo nuovo. La maggior dei miei progetti è ancora in corso e la loro produzione dipende dai finanziamenti a cui, spero, avrò modo di accedere. Attualmente, sto riflettendo sulla realizzazione di una serie che potrebbe confutare in maniera ottimistica alcune delle riflessioni mosse all’interno di «FloodZone» (2019). Ho anche ricominciato a lavorare a collage e a realizzare dipinti ispirati alla mia esplorazione fotografica della Florida.
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