Stefano Luppi
Leggi i suoi articoli«Confidiamo che la Corte d’Appello di Bologna ristabilisca la fiducia verso le istituzioni culturali. È impensabile che chi presta opere a un museo pubblico se le veda restituire rovinate per una grave negligenza accertata in giudizio, e non ottenga neppure un giusto risarcimento. L’aspetto che maggiormente ci ha colpiti è la constatazione di una totale mancanza di riguardo nei confronti dell’opera dopo che avevamo accettato con entusiasmo la proposta del Mar di contribuire con il prestito della “Commedia” di Nattini alle manifestazioni in onore del Sommo Dante, nella città che ne custodisce le spoglie».
Parole (sconsolate) dei proprietari, residenti nei pressi di Parma, del corpus «Imagini della Divina Commedia», composto da 100 fogli realizzati da Amos Nattini (Genova, 1892-Parma, 1985) raffiguranti l’intero poema di Dante Alighieri. Opere conosciute e molte volte esposte negli ultimi cinquant’anni, commissionate all’artista nel 1921 dalla Casa Editrice di Dante di Rino Valdameri: acquerelli su carta, poi litografati in tavole, che illustrano tutti i canti danteschi. Un lavoro che impegnò Nattini per oltre un ventennio.
La «Commedia Nattini» era stata esposta al Mar, Museo d’arte della Città di Ravenna, in «Divina Commedia. Le visioni di Doré, Scaramuzza, Nattini» (3 ottobre 2015-10 gennaio 2016), mostra dalla quale un quarto dei fogli è uscito fortemente danneggiato. Ciò ha dato vita a un procedimento giudiziario, come racconta il legale dei proprietari, l’avvocato Giulio Volpe, già consigliere del ministro per i Beni culturali Antonio Paolucci e professore di Legislazione dei beni culturali all’Alma Mater di Bologna. Il primo grado presso il Tribunale di Ravenna ha visto prevalere il Mar, museo comunale all’epoca dei fatti diretto da Maria Grazia Marini.
«Confidiamo nell’appello perché trovo incredibile, spiega Volpe, che al primo grado abbia prevalso il Mar. Qui non si tratta del “solo” danneggiamento di un’opera importante che è entrata integra al museo e ne è uscita in pessime condizioni, ma di ristabilire principi sacrosanti affinché prosegua la virtuosa prassi dei prestiti da collezionisti privati a musei pubblici. La sentenza, emessa il 25 febbraio 2021 dal giudice Annarita Donofrio, con una stringata motivazione inspiegabilmente contraria alle conclusioni del perito Stefano Foschini nominato dal giudice Alessia Vicini dello stesso tribunale in occasione del precedente “accertamento tecnico preventivo” (Atp), mette la prassi del prestito di privati a gravissimo rischio perché si è verificata la violazione dei criteri tecnico-scientifici di cui al D.M. 10 maggio 2001 (Atto di indirizzo sui criteri tecnico scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei, Ndr) e altre norme di legge. Perfino la Direzione generale Musei del MiC ha inviato sul tema una nota di richiamo al Mar».
Nella sentenza citata il giudice scrive che «a distanza di tanto tempo non risulta possibile stabilire oggi con certezza lo stato delle opere al momento della consegna, la loro corretta conservazione all’interno del museo e l’idoneità delle condizioni climatiche dei locali espositivi durante tutto il tempo della mostra, al fine di stabilire un nesso causale certo. Peraltro, secondo quanto risulta dalla consulenza, all’arrivo delle opere al Mar, alcune di esse presentavano danni preesistenti e avevano subito precedenti restauri».
Volpe riassume la vicenda: «Nel 2017, dopo avere atteso oltre un anno, tempo trascorso tra ripetuti e inutili solleciti al Mar perché il museo o le assicurazioni presenti (la Syncronos Srl si è rifiutata di risarcire i danni perché, essendo nel frattempo chiusa la mostra senza l’apertura del “sinistro” da parte del Comune, il suo perito non ha potuto effettuare i rilievi come previsto dall’assicurazione stessa) provvedessero a “coprire” i gravissimi danni provocati durante l’esposizione dei Nattini, i proprietari hanno intrapreso le vie legali. In tutto questo tempo neppure il sindaco di Ravenna o la Giunta, nonostante molte polemiche in città, hanno risposto. Ora, dopo il primo grado, nelle prossime settimane entrerà in fase conclusiva l’appello».
Spiega ancora Volpe: «Prima della mostra di Ravenna fu Stefano Roffi (cocuratore scientifico della rassegna al Mar e responsabile della Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo, Ndr) a sensibilizzare per iscritto il Mar a osservare scrupolosamente le norme ambientali e climatiche nell’esposizione dei delicatissimi fogli, soprattutto rispetto ai valori di umidità relativa. Questi fogli sono danneggiati irreparabilmente in molte parti, letteralmente strappati, come rilevò durante la mostra anche la consulente del Mar per il restauro Camilla Roversi Monaco del Laboratorio degli Angeli di Bologna che li aveva esaminati all’arrivo in museo per l’esposizione. Al museo non mossero un dito per salvare il salvabile quando a mostra aperta vennero segnalati i primi problemi. Io stesso dotato di strumentazioni tecniche, il 5 dicembre 2015, mi recai al Mar a rilevare l’umidità e la temperatura nelle sale espositive: la temperatura riscontrata era tra i 22 e i 23° e l’indice di umidità relativa tra 37% e 39%, quest’ultima nettamente inferiore a quanto previsto dalle condizioni di climatizzazione formalmente comunicate prima della mostra. Peraltro i rilevamenti termo-igrometrici quotidiani, richiesti più volte e promessi dalla direttrice del Mar, non ci sono mai giunti». Il danno, almeno quello economico, è stato calcolato da Melissa Gianferrari, perito di parte dei proprietari, in poco meno di mezzo milione di euro. Contattato da «Il Giornale dell’Arte», Roberto Cantagalli, attuale direttore del Mar, non ha rilasciato commenti.
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