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Un tassello per il restauro del «Sacrificio di Melchisedec» (1745 circa) di Giambattista Tiepolo. Foto Virginio Gilberti

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Un tassello per il restauro del «Sacrificio di Melchisedec» (1745 circa) di Giambattista Tiepolo. Foto Virginio Gilberti

In restauro due capolavori poco noti di Tiepolo

I due più grandi dipinti su tela mai realizzati dal pittore veneziano si trovano a Verolanuova, nei pressi di Brescia, e risalgono al suo periodo aureo di poco precedente al trasferimento a Würzburg

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Dieci metri di altezza per cinque: i due più grandi dipinti su tela mai realizzati da Giambattista Tiepolo (Venezia, 1696-Madrid, 1770) non si trovano in qualche storica capitale bensì a Verolanuova, nei pressi di Brescia (oggi un Comune di 8mila abitanti), nella Cappella del Santissimo Sacramento della Basilica di San Lorenzo. Merito della famiglia Gambara, che resse la città per oltre cinque secoli e che, dal 1633, fece erigere la basilica. Alla metà degli anni ’40 del ‘700, Carlo Antonio Gambara e la moglie Elisabetta Grimani avrebbero poi commissionato a Tiepolo le due grandiose scene bibliche della «Raccolta della manna» e del «Sacrificio di Melchisedec».

Due opere di altissima qualità, tanto da porsi ai vertici della pittura europea del ‘700: «salendo per la prima volta sui ponteggi, spiega al “Giornale dell’Arte” lo storico dell’arte Davide Dotti, “motore” del restauro dei due dipinti, sono rimasto sbalordito dal grado di rifinitezza delle figure: anche quelle poste a otto metri d’altezza sono dipinte come se le si dovesse vedere da vicino. E forse fu proprio l’impegno spropositato che si era assunto, a indurre Giambattista Tiepolo, dopo aver consegnato presumibilmente per prima “La raccolta della manna”, a tardare nella consegna del “Sacrificio”, che nel 1748 non era ancora arrivato a Verolanuova. Tanto che il figlio dei committenti, Lucrezio, fu incaricato di perlustrare l’intera Venezia per “stanarlo”. Alla fine, il secondo dipinto arrivò a Verolanuova, ma almeno quattro-cinque anni dopo il primo».

Come rileva Dotti, le due immense tele furono eseguite nel periodo aureo di Tiepolo, pochi anni prima della partenza per Würzburg: «sono due capolavori assoluti del maestro ma sono poco noti, trovandosi fuori dai grandi circuiti. Ho quindi accolto con entusiasmo l'incarico di coordinare a livello scientifico e organizzativo questa straordinaria impresa, finanziata grazie a un fondo costituito da una famiglia locale presso la Fondazione della Comunità Bresciana. E, con la Soprintendenza, si è deciso di affidarle alle cure congiunte di Antonio Zaccaria di Bergamo, grande esperto di Tiepolo, e dello Studio Monica Abeni-Paola Guerra di Brescia. Sebbene il lavoro sia molto complesso, la partnership permetterà di concluderlo in un solo anno».
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Che si sia trattato di un impegno gravoso, è confermato da Antonio Zaccaria: «Lo stato di conservazione delle due opere è molto diverso. I restauri più significativi furono  affidati da Ettore Modigliani, direttore della Pinacoteca di Brera e soprintendente lombardo, a Mauro Pellicioli nel 1911, nuovamente negli anni ’20 e poi nel 1952, quando il restauratore rifoderò il “Sacrificio di Melchisedec” (che è giunto a noi in migliore stato di  conservazione) ma sottopose la “Raccolta della manna” a un’operazione rischiosa come il trasporto del colore da tela a tela. Un intervento, questo, che si metteva in atto in casi estremi, e solo su dipinti di piccolo formato, mentre i due teleri misurano 53 metri quadri ciascuno.

Nel nostro lavoro di pulitura sono affiorati anche i danni provocati da quell’operazione azzardata, ma al contempo abbiamo liberato la pellicola pittorica originale, fino ad oggi contaminata da più sovrapposizioni di vernici e interventi pittorici precedenti. Non si è trattato, tuttavia, di un semplice restauro “estetico” ma di un lavoro ben più impegnativo, dovendo far fronte a diffusi sollevamenti e a cadute in atto della materia pittorica. Ora stiamo provvedendo alla stuccatura della miriade di lacune: Tiepolo dipingeva, infatti, con una materia corposa e vibrante, che la stuccatura provvede a imitare, mentre prende il via la capillare integrazione pittorica, realizzata naturalmente secondo criteri aggiornati
».

I lavori termineranno entro la fine del 2022, in tempo per mostrare questi tesori del territorio bresciano ai visitatori di «Bergamo Brescia Capitale italiana della Cultura 2023», e in contemporanea uscirà un volume sul restauro, ricco anche di documenti d’archivio inediti.

Un particolare di «La caduta della Manna» (1745 circa) di Giambattista Tiepolo. Foto Virginio Gilberti

Ada Masoero, 08 luglio 2022 | © Riproduzione riservata

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