Non lo sapremo mai. Eppure c’è da giurare che alla regina Elisabetta quel ritratto proprio non piaceva. Certo, lei che per missione aveva il compito dell’equilibrio istituzionale non sarebbe stata così ingenua da fare uno scivolone per vanità o narcisismo. Soprattutto quando a dipingere la sua immagine era stato Lucian Freud, il più acclamato artista inglese dopo Francis Bacon. Lui, che sicuramente non era un pittore di corte, aveva deciso di donare il ritratto alla regina in occasione del Giubileo d’Oro del 2002 e per questo le chiese di posare nel suo atelier.
Ma, com’era solito fare, Freud non fece sconti e ritrasse Elisabetta con quella crudeltà che solo lui aveva (la applicò anche ad alcuni ritratti della madre). Il volto della donna appare severo con uno sguardo vitreo senza nemmeno l’accenno di un sorriso. Le rapide pennellate appaiono come sciabolate che scolpiscono i lineamenti con una macchia azzurra sul mento che riprende il colore del vestito. A spiccare sono invece i capelli bianchi con riccioli che sembrano ghirigori barocchi e la corona tempestata di diamanti, simbolo del potere.
Non c’è dubbio che Freud, tedesco di nascita, fosse dalla parte di Diana e che non provasse alcun timore reverenziale nei confronti della regina. Un regalo il suo piuttosto perverso (del resto non va dimenticato che lui era il nipote di Sigmund Freud) e che gli consentì di entrare di diritto nella Royal Collection.
Atteggiamento molto differente rispetto a quello di Andy Warhol che aveva dichiarato: «Voglio essere famoso come la regina d’Inghilterra». E il suo ritratto realizzato nel 1985 si basa su una fotografia del 1975 ampiamente utilizzata in occasione del Giubileo d’argento del 1977. Come nel caso di Marilyn o Liz, l’artista americano crea un’icona unica sfruttando un’immagine seriale.
Nemmeno Banksy, il fratellino minore di Warhol, ha avuto il coraggio di sfidare la sovrana e in onore del suo sessantesimo anno di trono ha dipinto su un muro di Bristol Elisabetta con un delicato fulmine sul volto e i colori patriottici della bandiera inglese strizzando l’occhio a Ziggy Stardust di David Bowie. Non escono dalle convenzioni nemmeno Chris Levine con i suoi ologrammi tecnologicamente avanzati, né Cecil Beaton con l’immagine di una Elisabetta giovane più simile a Sissi che alla regnante più longeva della storia britannica. God save the Queen.
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