Image

Casa Macchi a Morazzone (VA). Foto Barbara Verduci 2022 ©FAI

Image

Casa Macchi a Morazzone (VA). Foto Barbara Verduci 2022 ©FAI

Nel borgo del Morazzone la borghesia di fine Ottocento

Restaurata e aperta dal Fai, Casa Macchi è un impagabile fermo immagine sulla vita benestante ma frugale di quella stagione

Image

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Più che benestante ma parsimoniosa, attenta al decoro ma senza ostentazione, la famiglia Macchi di Morazzone, nel Varesotto, era la perfetta incarnazione di quella borghesia che, tra ‘800 e prima metà del ‘900, portò l’economia italiana nella modernità. I Macchi vissero per 150 anni nella casa di famiglia, affacciata sulla piazza parrocchiale, lasciandola praticamente intoccata fino agli anni ‘50 del secolo scorso, quando l’ultima erede, Maria Luisa Macchi, scomparsi i genitori, la chiuse per sempre, senza spostare nemmeno un bicchiere, e si trasferì altrove.

Morendo, nel 2015, «la signorina», come la chiamavano in paese, la lasciò al FAI, con una dote per i restauri, così com’era: tetti in rovina, molti soffitti crollati, pareti macchiate d’umidità, mobili tarlati, le trapunte di raso ancora posate sui letti, strappate dai calcinacci caduti dalle volte, centrini di pizzo e ninnoli polverosi sui tavolini...

Che farne? Ci voleva lo sguardo lucido e visionario di Marco Magnifico per mettere mano a quel relitto e farne un impagabile fermo immagine sulla vita benestante ma frugale della borghesia di quella stagione; un documento antropologico illuminante ma al tempo stesso un luogo dell’anima per chiunque, grazie a quell’affettuosa capacità di accoglienza che era delle case dei nonni o bisnonni di molti di noi. Una Pompei del XX secolo, per Magnifico.

Quattro anni di restauri radicali ma anche delicati e rispettosi, nel segno della conservazione (anche dei segni del tempo), e Casa Macchi, ora dotata d’impianti all’avanguardia e sostenibili, e adeguata alle stringenti normative delle case museo, il 18 dicembre scorso si è aperta al pubblico, con l’emporio al piano terreno (realizzato dal FAI con Fondazione Cariplo), dove si vendono prodotti del territorio. Di qui, introdotti dal videoracconto narrato da Lella Costa, dal giovedì alla domenica si accede al bel giardino e alle stanze, con i duemila oggetti, tutti restaurati, di sapore gozzaniano cui si deve questa irripetibile atmosfera.

L’intero progetto, però, grazie all’accordo di programma tra Regione Lombardia, Comune di Morazzone, FAI e Provincia di Varese, si propone come punto d’avvio di «un originale percorso di rivitalizzazione del tessuto urbano, sociale ed economico del nostro piccolo borgo, in cui si trova profondamente coinvolta l’intera comunità morazzonese», spiega il sindaco Maurizio Mazzucchelli (stesso cognome di quel Pier Francesco Mazzucchelli, detto appunto «il Morazzone», 1573-1626, geniale pittore dell’età della Controriforma, che da questo borgo, dov’era nato, prese il nome d’arte).

Casa Macchi a Morazzone (VA). Foto Barbara Verduci 2022 ©FAI

Casa Macchi a Morazzone (VA). Foto arenaimmagini.it, 2022 ©FAI

Casa Macchi a Morazzone (VA). Foto Paolo Foti - Natiadocufilm, 2022 ©FAI

Casa Macchi a Morazzone (VA). Foto Barbara Verduci 2022 ©FAI

Casa Macchi a Morazzone (VA). Foto Barbara Verduci 2022 ©FAI

Ada Masoero, 19 dicembre 2022 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Irina Zucca Alessandrelli, curatrice della Collezione Ramo, illustra il percorso in 13 tappe dell’«edizione della maturità»: per nove giorni le opere su carta di artisti contemporanei e del XX secolo sono protagoniste di mostre in musei e gallerie della rete urbana meneghina

I supporti usati dall’artista americano per trasferire i suoi soggetti su grandi tele sono protagonisti della mostra da Monica de Cardenas

L’istituzione milanese prima si fermava a inizio anni ’80, ora procede fino all’anno «in cui tutto cambiò», spiega il direttore Gianfranco Maraniello. Pronta alla contemporaneità quando (forse già nel 2026) occuperà il Secondo Arengario

Addio dopo soli otto mesi: «Sono pochi, lo so, ma sufficienti per capire di non poter fare ciò che so fare. All’Accademia Carrara il direttore è in subordine e prevale il marketing»

Nel borgo del Morazzone la borghesia di fine Ottocento | Ada Masoero

Nel borgo del Morazzone la borghesia di fine Ottocento | Ada Masoero