Flavia Foradini
Leggi i suoi articoliNuovo capitolo nell’annosa vicenda Gurlitt, iniziata nel 2012 con il ritrovamento di quasi 1.600 opere della collezione di Hildebrand Gurlitt, uno dei maggiori mercanti di Hitler.
Lo storico dell’arte, curatore, mercante e direttore di vari musei prima, durante e dopo il nazismo aveva lasciato in eredità la raccolta al figlio Cornelius, che la tenne per decenni stipata nel suo appartamento di Monaco di Baviera e in una casetta a Salisburgo, salvo qualche vendita. Prima della morte il 6 maggio 2014, Cornelius aveva lasciato in eredità esclusiva il vasto corpus di opere al Kunstmuseum di Berna che, tra accese polemiche a causa della discussa provenienza, il 22 novembre 2014 annunciò l’accettazione del lascito.
Erano seguite cause legali, promosse dagli eredi estromessi e respinte in vari gradi di giudizio, mentre un articolato accordo tra Germania e Svizzera aveva intensificato i vari programmi tedeschi di ricerche sulla provenienza di quelle opere (2013-15; 2016-17; 2018). Dal 2017 si era aggiunto anche un laboratorio in seno al Kunstmuseum, che dal 2019 ha iniziato una collaborazione con l’Università di Amburgo.
Ora, nel rispetto di quell’accordo, il museo sta cercando di dare un assetto definitivo alla gestione del lascito, a seconda della categoria cui sono state ascritte le opere (sistema «a semaforo»): mentre quelle inserite nell’elenco verde (28, non frutto di razzie) rimangono di proprietà del Kunstmuseum, le 9 contrassegnate in rosso, perché chiaramente frutto di razzie, sono già state restituite agli eredi dei legittimi proprietari o alla Germania.
La novità consiste nella decisione del museo di diversificare l’elenco contrassegnato in giallo (1.366 opere) in larga misura con provenienza lacunosa durante il nazismo, istituendo due nuove sottocategorie: giallo-rosso, che comprende 29 opere tuttora senza prove pro o contro l’ipotesi di razzia, tuttavia con elementi sospetti. Su di esse sono ancora in corso indagini, ma verranno rimesse alla Germania laddove non vengano avanzate richieste di restituzione. Fra queste in particolare 3 opere di Pierre-Auguste Renoir e una rispettivamente di Max Liebermann, di Giovanni Battista Tiepolo, di Ferdinand Georg Waldmüller e di George Grosz.
Rimarranno invece definitivamente di proprietà del Kunstmuseum, e quindi contrassegnate giallo-verde, 1.337 opere con lacune nella provenienza tra il 1933 e il 1945 ma senza chiare prove o indizi di razzie, quindi prive di elementi sospetti. Contestualmente l’istituzione elvetica restituirà agli eredi di Ismar Littmann e di Paul Schaefer due opere di Otto Dix.
L’intero lascito è stato nel frattempo nuovamente studiato ed è ora disponibile integralmente online, che dà conto di ogni aspetto appurato dalle ricerche considerate «per lo più concluse» dai responsabili del museo. Una nuova, esaustiva mostra è prevista per l’autunno del 2022.
Altri articoli dell'autore
Da tempo nella capitale austriaca si discute sulla sorte delle due statue: occorre ora vedere come evolveranno le cose nel nuovo quadro politico, delineato dalle elezioni del 29 settembre
Nel Leopold Museum 260 oggetti tra disegni originali ma anche esempi di mobili e arredi ripercorrono la storia dell’azienda che firmò le stoffe del Modernismo austriaco
Rumeno di nascita, svizzero di adozione, «fratello minore» di Jean Tinguely, era un vulcanico, esuberante affabulatore
Nel museo viennese sono esposti insieme i temi dell’esponente della Pop art, il più versatile e prolifico interprete contemporaneo della grafica