Enrico Tantucci
Leggi i suoi articoliCon i suoi 550 chilometri quadrati di estensione, rappresenta la più vasta area umida del Mediterraneo, dallo straordinario valore ambientale. La sua salvaguardia è indissolubilmente legata alla tutela del patrimonio culturale e sociale dei centri urbani di Venezia, di Cavallino-Treporti e di Chioggia, allargandosi anche a quelle del litorale e delle isole minori. Ben tre Leggi Speciale (la numero 171 del 1973, seguita dalla 798 del 1984 e dalle 139 del 1992) hanno definito i compiti dei diversi soggetti che si occupano della sua tutela.
Il sistema di salvaguardia di Venezia e della sua laguna, è oggi così articolato: difesa dalle acque alte, difesa dal mare, recupero della morfologia lagunare e riequilibrio ambientale, compreso il compito del disinquinamento. Su questo quadro apparentemente chiaro dal punto di vista normativo e tematico, si innesta però una vera e propria selva di competenze, ripartite tra nazionali e locali, che spesso finiscono inevitabilmente per sovrapporsi, senza un reale coordinamento. Non a caso da anni sindaci di Venezia di diverso colore politico reclamano che le competenze sulla laguna siano passate di fatto allo Stato al Comune per favorirne, a loro avviso, l’efficacia con un controllo più diretto su di esse.
In realtà un organo di coordinamento dove siedono tutti (Governo con il presidente del Consiglio e i ministri competenti, enti locali, organi periferici dello Stato) esiste già, ed è il Comitato interministeriale per la salvaguardia di Venezia, il cosiddetto «Comitatone» (per la sua ampiezza), istituito con la Legge Speciale su Venezia. Ma le sue stesse caratteristiche fanno si che si riunisca rarament (a volte passano anche due anni tra una riunione e l’altra) e che i suoi compiti finiscano per essere al massimo di indirizzo e soprattutto funzionali alla ripartizione economica delle risorse tra i vari enti locali e periferici dello Stato previste con la Legge Speciale.
Scendendo nella piramide delle competenze si incontra poi il Provveditorato interregionale alle opere pubbliche, che ha preso il posto di una storica istituzione veneziana come il magistrato alle Acque, soppresso dal governo Renzi. E ereditandone le funzioni per compiere gli interventi di salvaguardia, oltre che di disinquinamento, ritenuti necessarie per la laguna. Questi compiti avrebbero dovuto essere in buona parte poi trasferiti alla nuova Città Metropolitana di Venezia, ma la norma non è mai stata attuata, e all’organismo territoriale restano soprattutto funzioni di vigilanza ambientale. I compiti del Provveditorato alle opere pubbliche dovrebbero invece ora essere trasferiti alla nuova Autorità per la Laguna, di nomina governativa.
L’organismo che secondo la legge approvata un anno fa dal governo Conte dovrebbe assumere personale e competenze del Consorzio Venezia Nuova (il sistema di imprese che ha costruito il Mose e che ora è in via dei scioglimento) del Provveditorato alle Opere pubbliche, della Città metropolitana. Ripristinando però, forse il prestigioso istituto del Magistrato alle Acque. L’Autorità dovrebbe essere strutturata in due settori, di governo e tecnico e assumere la gestione del Mose e delle opere di salvaguardia, e una serie di competenze sulle acque e le concessioni demaniali oggi in capo al Provveditorato. Al momento, però, non c’è ancora, e, ad esempio, sul funzionamento del Mose ha competenze il commissario straordinario nominato dal governo Elisabetta Spitz, lo stesso Provveditorato alle Opere Pubbliche, in parte il commissario liquidatore del Consorzio Venezia Nuova, Massimo Miani, nominato sempre dal governo.
E i problemi non mancano. Il Comune ad esempio lamenta di essere completamente tagliato fuori dalla decisione sulla quota di alta marea con la quale chiudere le dighe mobile (oggi fissata a 130 centimetri sul medio mare rispetto ai 110 previsti, giustificando la decisione con il fatto che l’opera non è ancora terminata e in fase sperimentale) e anche sulla gestione delle emergenze. A questi organismi ora si aggiunge il Tavolo tecnico per Venezia appena insediato dal ministro delle Infrastrutture che deve occuparsi anche dell’operatività quotidiana del Mose.
Una pletora di enti inoltre hanno competenze sulle acque lagunari. Alla Regione Veneto spettano i compiti relativi al disinquinamento delle acque, al risanamento ambientale e alla gestione della laguna di Venezia e del suo bacino scolante, ma anche il compito delle Valutazione d’impatto ambientali e strategiche regionali. Alle sue dipendenze anche l’Arpav (Agenzia regionale per la protezione ambientale) che si occupa anch’essa di analisi e controlli sull’ecosistema lagunare.
Sui canali urbani ai fini della navigazione e della manutenzione le competenze sono del Comune di Venezia e della Città Metropolitana. Sui canali portuali la manutenzione tocca all’Autorità Portuale di Venezia. La Capitaneria di Porto si occupa invece della sicurezza della navigazione e del trasporto marittimo, oltreché la tutela dell’ambiente marino, dei suoi ecosistemi e l’attività di vigilanza dell’intera filiera della pesca marittima. Con competenze che riguardano anche il Bacino di San Marco e il canale della Giudecca, in ambito urbano. Ma non va dimenticato il Consiglio di Bacino della Laguna di Venezia, che si occupa della pianificazione delle risorse idriche e anch’esso della protezione e salvaguardia ambientale del territorio.
Sui progetti che riguardano la laguna, dal punto di vista urbanistico e ambientale ha inoltre competenza la Commissione regionale di Salvaguardia, istituita con la Legge speciale, che formula pareri, consultivi e vincolanti, su di essi. Ma della laguna si occupano, dal punto di vista scientifico con studi e ricerche anche enti vigilati dal Ministero della Ricerca scientifica, come il Cnr in particolare con l’Ismar (Istituto di Scienze Marine) e il Corila (Consorzio per il coordinamento delle ricerche inerenti al sistema lagunare di Venezia), allargato anche alle università veneziane e a quelle di Padova.
Come si può capire anche da questo quadro sommario e non esaustivo il numero di enti preposti e la pluralità di competenze sono tali che attualmente un reale coordinamento di tutte le funzioni è di fatto impossibile. Il risultato è che spesso ciascuno finisce inevitabilmente per operare per conto suo e i contrasti e la diversità di posizioni sono fisiologici a questa frammentazione di ruoli e funzioni sulla laguna. La «giungla» andrebbe pertanto disboscata per fare posto a un sistema integrato e funzionale di salvaguardia lagunare, senza più conflitti di competenze.
L'autore è gornalista di «La Nuova Venezia»
Leggi lo speciale: SOS VENEZIA
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