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Elena Correggia
Leggi i suoi articoliA Milano gli antiquari non vedono l’ora di ripartire. Rinviata nel maggio e nel novembre 2020 a causa della pandemia, Amart, la mostra mercato promossa dall’Associazione Antiquari Milanesi, è pronta per aprire i battenti negli eleganti spazi neoclassici del Museo della Permanente, dal 27 al 31 ottobre. Dedicata idealmente al suo presidente Domenico Piva, mancato nel dicembre scorso, la terza edizione della manifestazione chiama a raccolta una settantina di espositori che celebrano la bellezza dell’antico a 360 gradi con dipinti, sculture, disegni, arte decorativa, mobili, gioielli, argenti, tappeti, oggetti scientifici.
«L’entusiasmo estremo da parte dei colleghi galleristi nell’aderire ad Amart è un segnale fondamentale che ci fa ben sperare», commenta Michele Subert, vicepresidente della kermesse. «La sede dell’evento si riconferma al Museo della Permanente, che è un po’ la casa degli antiquari milanesi, dove proseguiamo una lunga tradizione di esposizioni che nel tempo si sono estese ospitando anche operatori attivi in altre città».
In concomitanza con la fiera, dal 25 al 29 ottobre si svolgerà MOG-Milano Open Galleries, con oltre trenta gallerie aderenti che apriranno con orari prolungati i loro spazi e organizzeranno incontri e presentazioni. Ad Amart saranno presenti anche realtà istituzionali come il Museo Bagatti-Valsecchi, il Fai e il Museo Poldi Pezzoli, da tempo sostenuto dall’Associazione Antiquari Milanesi nel restauro delle opere in collezione.
Fra i tesori del museo quest’anno sarà ammirabile in mostra un prezioso stipo con placche in acciaio decorate a sbalzo e ageminate in oro e argento raffigurante Arione con l’arpa su un delfino. Il cofanetto, donato al Poldi Pezzoli alcuni anni fa dalla storica dell’arte Melissa Gabardi in memoria del marito Enrico Minervino, risale alla seconda metà del Cinquecento e documenta l’abilità raggiunta dalle botteghe milanesi di armaioli nella decorazione di mobili destinati a una committenza internazionale nobiliare.
E per comunicare la straordinaria attualità dell’antiquariato, in crescente riscoperta da parte delle giovani generazioni e da chi ama accostare oggetti del passato e del presente, la campagna pubblicitaria di Amart è affidata a undici protagonisti del mondo dell’architettura e del design. A essere immortalati con un oggetto antico dall’obiettivo di Maki Galimberti al Superstudio13 di Milano sono stati Nicolò Castellini Baldissera, Gaia Chaillet Giusti, Aldo Cibic, Terry Dwan, Massimo Iosa Ghini, Massimiliano Locatelli, Fabio Novembre, Roberto Palomba e Ludovica Serafini, Filippo Perego, Laura Sartori Rimini e Roberto Peregalli, Verde Visconti.
Su ogni foto una dichiarazione sottolinea il legame fra antiquariato e design. «Nell’ambito dell’arredamento se in passato si preferiva allestire gli ambienti con mobili tutti di un periodo oggi invece prevale l’attenzione a pochi pezzi antichi, scelti, inseriti in un contesto moderno», continua Subert. «Non è solo una questione di estetica: c’è un interesse più filologico e la scelta di quei particolari oggetti antichi rappresenta anche un modo colto per parlare della personalità e delle passioni dei proprietari».
Fra le numerose e variegate proposte degli espositori Amart si fa stanza delle meraviglie dove è possibile seguire un percorso plurisecolare a partire dall’arte grafica e pittorica. Il viaggio ideale vede la riscoperta di artiste come la bolognese Elisabetta Sirani (1638-65), la cui delicatezza nella resa della «poetica degli affetti» tra figure sacre è testimoniata dall’inedito olio su tela «La Vergine col Bambino» firmato e in origine destinato a prestigiosa committenza (Galleria Giamblanco, Torino).
Ad animare la scena compaiono figure note della pittura di area lombarda come Giovanni Battista Crespi detto il Cerano, che in clima di Controriforma è autore con la sua bottega dello «Sposalizio della Vergine» del 1625-35 circa (Le Due Torri, Noceto, Parma), accanto a personalità originali e misteriose ma dallo stile riconoscibile come il Maestro della Fertilità dell’Uovo, attivo a Brescia fra la seconda metà del XVII e l’inizio del XVIII secolo di cui è proposta una «Scena grottesca» (Antichità La Pieve, Sabbio Chiese, Brescia).
In bilico fra allegoria e ritratto è la Salomè del pittore barocco Paolo Gerolamo Piola, opera ascrivibile dalla critica alla tarda maturità del maestro e in ottimo stato di conservazione (Baratti antiquario, Milano). La figura femminile si conferma protagonista della tela lungo le epoche, interpretata secondo una nuova prospettiva raffinata e mondana, come rivela l’atmosfera Belle Epoque de «La ballerina “en mauve”» del 1885 circa, di Giovanni Boldini (Società di Belle Arti, Viareggio, Lucca), ma anche l’elegante dama dell’alta società ritratta da Gustave de Jonghe in «Joie maternelle» (Les galeries du Luxembourg, Bergamo) e la principessa Maria Luisa Isabella Spada Veralli, resa in posa sensuale e circondata da stoffe preziose nel dipinto di Vittorio Matteo Corcos (Phidias Antiques, Reggio Emilia), per arrivare infine alla moderna sensibilità del tratto nel disegno «La madre», soggetto caro a Boccioni qui declinato su carta (Bottegantica, Milano).
La versatilità della luce e delle cromie di Venezia ispira una pluralità di artisti che si cimentano nel genere del vedutismo: dalla luminosa scena immortalata da Bernardo Bellotto secondo la prospettiva del Canal Grande a San Vio (Lampronti Gallery, Londra) alla visione di Riva degli Schiavoni verso la Dogana e Santa Maria della Salute dipinta da Carlo Grubacs con un’inquadratura a quinte teatrali (Galleria Silva, Milano). Una laguna dai toni crepuscolari è tradotta con un linguaggio divisionista raffinato e maturo da Angelo Morbelli nel «Tramonto sul canale di Mazzorbo», del 1911 (Galleria d’arte Mainetti, Milano), mentre si passa a un nitido panorama lombardo di Lecco nella tempera firmata da Carlo Bossoli e datata 1848 (Art studio Pedrazzini, Milano).
Anche per il genere della scultura le opere presenti attraversano epoche, stili e continenti diversi: da una coppia di angeli cerofori in legno policromo e dorato, espressione della scultura senese fra fine XVI e inizio XVII secolo (Antichità Santa Giulia, Brescia) a un’enigmatica figura equestre in legno e ferro del 1800 circa, frutto della creatività dei Dogon della regione Nduleri, in Mali (Dalton Somarè, Milano), dal felice dinamismo di «Flora» un marmo bianco di Carrara della bottega di Giacomo Antonio Ponzanelli, 1720-30 circa (Mearini Fine Art, Perugia) per arrivare all’equilibrio e all’eleganza formale della ricerca del Novecento che guarda all’antico, ben evidente nel gesso «Donna inginocchiata alla fonte», una delle ultime opere eseguite in Italia da Ottone Zorlini prima della partenza per Rio de Janeiro (Galleria Daniela Balzaretti, Milano), e nel bronzo «Estrellita» del 1973 di Emilio Greco (Studiolo Fine Art, Milano).
Ma la wunderkammer di Amart supera una semplice distinzione di generi per spaziare nelle categorie del raro, del bello e del curioso anche fra mobili, oggetti d’arte decorativa e preziosi. Si può scoprire così una culla in legno intagliato e laccato realizzata a Venezia nel pieno gusto del Settecento (Attilio Cecchetto antiquario, Castelfranco, Treviso), una coppia di cassettoni lastronati e intarsiati, decorati con scene mitologiche dalla bottega milanese Gbm nell’ultimo quarto del XVIII secolo (Antichità Giglio, Milano) e due rare ambrogette in maiolica del 1775 circa, attribuite alla bottega lodigiana di Antonio Ferretti (Giovanni Asioli Martini Antiquariato, Imola, Bologna). Oppure ammirare opere del glorioso Settecento romano come la coppa in porfido rosso montata su base in bronzo dorato e cesellato (Antichità G.N., Milano) per proseguire con una tabacchiera ottocentesca in oro con micromosaico raffigurante l’arco di Giano e il tempio di Cibele (Turchet antiquariato, Milano).
L’eccellenza dell’ebanisteria si manifesta inoltre nell’accurato lavoro degli intarsi, come confermano la coppia di pannelli con legni di bosso e di noce raffiguranti architetture a motivi prospettici di Ignazio Revelli (Brun Fine Art, Milano) e la serie dei sei quadri mitologici intarsiati da Luigi Mascaroni con legni di varie essenze, madreperla e osso nel primo quarto del XIX secolo (Fine Art by Di Mano in Mano, Milano). Il piano in scagliola finemente lavorato da Pietro Della Valle intorno alla metà dell’Ottocento con una veduta della piazza dei Miracoli di Pisa racconta dell’epoca del Grand tour (Tomaso Piva, Milano), ma di viaggi e di scoperte parlano anche i due globi in miniatura realizzati dal laboratorio londinese Lane fra 1833 e 1858, testimonianza delle esplorazioni del tempo (Subert, Milano).
Estro e modernità brillano anche fra i gioielli, come l’anello da cocktail anni Quaranta, in oro rosé con zaffiro Ceylon naturale e diamanti allo stand della Gioielleria Piccolo (Milano) e nell’arte ceramica di Gio Ponti, di cui è proposto «Agata», un grande piatto della serie «Le mie donne» per Richard-Ginori, presentato all’Expo di Parigi del 1925 in cui Gio Ponti si aggiudicò il Grand prix (Raffaello Pernici - Best ceramics, Rosignano Marittimo, Livorno).

L'inaugurazione di Amart
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