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Rodolfo Siviero (1911-83) negli anni ’50 con un quadro di Pontormo

© Casa Museo Rodolfo Siviero

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Rodolfo Siviero (1911-83) negli anni ’50 con un quadro di Pontormo

© Casa Museo Rodolfo Siviero

Gli 007 a caccia dei beni razziati: ecco come operano

Operativo dal 2020, il gruppo si propone di ricostruire le vicende che, tra il 1938 e il 1945, hanno condotto alla confisca di proprietà, oggetti e affetti ai membri della comunità ebraica italiana. Micaela Procaccia e Alessandra Barbuto spiegano come operano

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Arianna Antoniutti

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Lo scorso settembre, presso la Bibliotheca Hertziana di Roma, si è svolto il convegno internazionale «Quo vadis Provenance Research?», dedicato alla ricerca di provenienza in rapporto alle fonti archivistiche. Sul tema delle ricerche di beni culturali sottratti in maniera illegittima (a cominciare da quelli razziati o confiscati durante il nazifascismo o depredati in epoca coloniale), studiosi italiani e stranieri hanno presentato inediti contributi. Fra di essi, Micaela Procaccia e Alessandra Barbuto hanno illustrato l’attività del «Gruppo di lavoro per lo studio e la ricerca sui beni culturali sottratti in Italia agli ebrei tra il 1938 e il 1945 a seguito della promulgazione delle leggi razziali», istituito con Dm 17 luglio 2020 dall’allora ministro Dario Franceschini

«Il Gruppo di lavoro è stato incaricato di svolgere attività di ricognizione, ricerca e individuazione dei beni culturali sottratti alla comunità ebraica e ai singoli cittadini ebrei nel periodo delle persecuzioni razziali, spiega Alessandra Barbuto, funzionaria storica dell’arte presso la Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. È da me coordinato, ed è composto da membri designati dalle Direzioni Generali Archivi, Biblioteche e Diritto d’Autore, Archivio Centrale dello Stato, inoltre dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale e dall’Ucei, l’Unione delle comunità ebraiche italiane. In qualità di esperta abbiamo nel gruppo anche una ricercatrice che opera in ambito accademico. Il Gruppo di lavoro riferisce gli esiti delle proprie ricerche al Comitato per il recupero e la restituzione dei beni culturali, che è presieduto dal capo dell’Ufficio Legislativo (oggi Antonio Mura, Ndr)». 

Aggiunge Micaela Procaccia, già dirigente del servizio Patrimonio archivistico della Direzione Generale Archivi, ora nel Gruppo come rappresentante dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane: «Il Nucleo Tpc dei Carabinieri fornisce informazioni e ne acquisisce, a seguito delle ricerche che il Gruppo svolge, fornendo il supporto della sua banca dati e inserendovi le nuove segnalazioni. Svolge anche verifiche dirette in caso di necessità. I rappresentanti dell’Ucei mettono a disposizione specifiche competenze storiche, archivistiche e sulle peculiarità del patrimonio culturale ebraico, a cominciare dalla documentazione relativa alle vicende persecutorie e fino alla lettura delle scritte in ebraico, alla conoscenza delle caratteristiche storico artistiche e bibliografiche del patrimonio di singoli e istituzioni».

La vostra ricerca si focalizza, oltre che sui beni mobili come opere d’arte, mobilio, argenterie, anche su oggetti personali e di uso quotidiano.
Micaela Procaccia: In questo caso, al di là del valore degli oggetti, essi assumono un significato importante sia dal punto di vista storico che come testimonianza degli eventi. Un’esperienza condotta dagli Arolsen Archives (gli archivi dell’International Tracing Center creato all’indomani della seconda guerra mondiale per ricostruire le vicende dei dispersi) ha mostrato come la restituzione agli eredi di oggetti che costituiscono l’unico ricordo di persone scomparse, talvolta mai conosciute, ha un valore importantissimo per i discendenti. 

Quali ricerche avete condotto in questi anni?
Alessandra Barbuto: Nel corso di questi quattro anni abbiamo lavorato molto, anche su piste che a volte purtroppo non si sono rivelate fruttuose: dobbiamo ricordare infatti la complessità dell’argomento di ricerca, la ricostruzione di storie spesso frammentarie, basate su documenti lacunosi o contraddittori. Parliamo di un’epoca storica nella quale si viveva ovviamente in un contesto di emergenza e dunque, quando fortunatamente ritroviamo un documento, che sia una lettera o un elenco di beni, è molto frequente che non sia completo o esaustivo. In ogni caso, abbiamo avuto degli esiti positivi. Ad esempio, a seguito del seminario «Opere da ritrovare. I beni culturali sottratti agli ebrei in Italia: un primo bilancio», da noi organizzato in collaborazione con la Fondazione Scuola Beni Attività Culturali nel settembre 2022 presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, sono pervenute diverse segnalazioni che sono state approfondite nell’ambito delle nostre ricerche. Una di queste ha condotto al recupero da parte del Nucleo Tpc di Monza di una coppia di dipinti di Vincenzo Damini, che stavano per andare all’asta. Un’altra segnalazione ha riguardato alcuni oggetti presentati presso l’Ufficio Esportazione di Roma e anche in quel caso l’esito ha condotto a una felice soluzione. Altre ricerche, ancora in corso, hanno richiesto una interlocuzione con la Commissione interministeriale depositi in valori custoditi presso la Tesoreria Centrale dello Stato, in particolare a proposito di beni di provenienza ebraica appartenenti a cittadini italiani residenti in Grecia. 

Procaccia: Il dialogo fra le istituzioni in questo ambito è fondamentale: nel nostro caso è proprio questa interlocuzione che consente di ripercorrere le vicende attraverso una pluralità di fonti. Inoltre, un gruppo come il nostro si deve necessariamente connettere con chi fa ricerca nelle Università, non solo quelle italiane ma anche quelle straniere e con commissioni e comitati che si occupano del problema della provenienza (e delle eventuali restituzioni) in altri Paesi. 

Barbuto: È importante anche ricordare che delle nostre ricerche riferiamo al Comitato per il recupero e la restituzione dei beni culturali, che è interministeriale e si muove attivando canali di diplomazia culturale, oltre che promuovendo in alcuni casi anche rogatorie internazionali per il recupero dei beni. 

Tema fondamentale nelle ricerche sulla provenienza è quello delle fonti.  
Procaccia: Le fonti relative alle vicende su cui indaghiamo sono sparse in una pluralità di archivi, non sempre immediatamente individuabili. Materiale di interesse può essere segnalato nelle carte dell’Egeli, l’ente preposto alla gestione e liquidazione dei beni ebraici dopo le leggi del 1938, oppure nei registri di acquisizioni e altri documenti di musei e biblioteche, nella documentazione riguardante i saccheggi di beni nei fondi della Questura e Prefettura, ma anche in  processi del dopoguerra a esponenti del fascismo e degli occupanti. Non vanno dimenticate le richieste di restituzione (quasi sempre inutili) rivolte nel dopoguerra agli uffici delle Intendenze di Finanza. I beni compiono spesso percorsi oltre confine magari per comparire in una vendita all’asta. Si tratta di una ricerca sostanzialmente priva di un termine di chiusura. Non possono essere dimenticati gli archivi di antiquari e case d’asta, delle Comunità ebraiche, quelli familiari e personali e, naturalmente, l’archivio Siviero (Rodolfo Siviero, ministro plenipotenziario incaricato delle restituzioni postbelliche. L’archivio contiene i documenti relativi all’Ufficio Interministeriale per il Recupero delle Opere d’Arte da lui diretto, di proprietà della Direzione generale Archivi. Da anni non consultabile, è stato recentemente digitalizzato, riordinato e reso disponibile agli studiosi, Ndr).

In Italia il grado di attenzione sulle ricerche di provenienza è ancora basso. Il vostro Gruppo di lavoro è, dalla sua creazione, privo di fondi. 
Procaccia: Benché senza fondi cerchiamo di lavorare per prima cosa su una generale ricostruzione del fenomeno che ci porta anche a individuare casi singoli, più o meno famosi. È indispensabile studiare la normativa del periodo, per capire le diverse competenze. È stato poi fondamentale ricostruire, nell’ambito delle opere segnalate nel volume L’opera da ritrovare. Repertorio del patrimonio artistico italiano disperso all’epoca della seconda guerra mondiale (a cura di Luisa Morozzi e Rita Paris, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1995), quelle che appartenevano a proprietari ebrei (singoli o istituzioni), circostanza che nel volume non è segnalata. Anche le carte della Commissione per la ricostruzione delle vicende che hanno caratterizzato in Italia le attività di acquisizione dei beni di cittadini ebrei (Commissione Anselmi del 1998) conservate all’Archivio centrale dello Stato, sono state importanti. Poi ci sono arrivate segnalazioni ed è stata anche fondamentale la collaborazione con progetti di ricerca universitari sullo stesso argomento, come il progetto TransCultAA sulle spoliazioni nella zona del litorale adriatico e della ex Jugoslavia. Se il Gruppo potesse contare su una disponibilità di fondi sarebbe possibile, ad esempio, avviare una ricerca negli archivi di tutte le Soprintendenze allora dette «ai monumenti e alle gallerie», una verifica dell’esistenza degli elenchi dei sequestri e delle confische e la presenza di proprietari ebrei nei fascicoli dei beni vincolati. Si potrebbe anche procedere allo spoglio sistematico di altre fonti, come quelle dell’Intendenza di finanza e questo sarebbe solo l’inizio. Non bisogna dimenticare che un intervento sistematico di riordinamento degli archivi delle ex Soprintendenze, con la creazione di una banca dati con criteri uniformi, è un progetto che da tempo studiosi e colleghi reclamano, sostenuto nella precedente legislatura anche da un’autorevole sollecitazione del Consiglio superiore dei Beni culturali e del Paesaggio.

Arianna Antoniutti, 22 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

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