Stefano Causa
Leggi i suoi articoliRipreso ormai il campionato di calcio, non avremo altro sport all’infuori di questo. Per almeno un anno. Così stanno le cose. Eppure. Ancora non si è spento del tutto il ricordo dei pacchi di ori, argenti, bronzi, senza contare una coda di significative medaglie di legno che abbiamo riportato dalle Olimpiadi di Parigi, conclusesi l’11 agosto (mentre proseguono fino all’8 settembre le Paralimpiadi). E insieme a questi successi, due riflessioni. La prima è che, a parte le nostre meravigliose ragazze della scherma, della pallavolo, della corsa, del judo o della ginnastica, gli italici campioni sono tali soprattutto quando non abbiano un pallone tra i piedi. La seconda è che, stando alla restituzione televisiva più o meno in chiaro e alla moltiplicazione sui social, i veri esperti di sport, incluso il calcio, sono ormai gli storici d’arte.
E mica solo per la tanto discussa ma brillantissima cerimonia di apertura diretta dal quarantaduenne Thomas Jolly che non poteva non passare alla dogana di quella piccola città nella città che, a Parigi, è il Louvre! Su quello, del resto, correndo, correndo, avevano già detto l’essenziale Godard nel 1964, Bernardo Bertolucci coi sui sognatori vent’anni dopo e, finalmente, in una delle più sorprendenti letture dal di dentro del museo, Beyoncé e Jay-Z in un video di sei minuti di Ricky Saiz del 2018.
No. Qui non sono più i capolavori consacrati a fare da sfondo, a giocare da pretesto, da contraltare e cucitura tra un verso e l’altro del pezzo. La «Nike», l’«Incoronazione» di David, la «Gioconda», Paolo Veronese, Rosso Fiorentino, Tintoretto o Andrea Solario. Qui parliamo di primi piani di acconciature, glutei come le statue del Foro Olimpico, maglie che si alzano a sipario su addominali michelangioleschi, tatuaggi come neanche tra i forzati della Caienna, gesti tipici, collane, piercing, scarpe fashion, fedi perse nella Senna e baci rubati tra sessi diversi o ambosessi. Consapevoli di essere ripresi, gli atleti hanno imparato a muoversi da attori. L’importante, per qualcuno, non è vincere ma recitare.
Nessuna esposizione contemporanea: né la Biennale di Venezia, né documenta di Kassel e neanche ArtBasel, potranno mai vantare una tale varietà di invenzioni e immagini, un tale schieramento di corpi, di attitudini, di invenzioni e di gesti plastici. Picasso? Cercatelo tra i saltatori in lungo e in alto. E Frida? Sotto rete, tra quelle che schiacciano.
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