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Arte in movimento: ma l’esportazione resta un argomento di discussione

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Arte in movimento: ma l’esportazione resta un argomento di discussione

L’Italia è ancora lontana dall’Europa in materia di esportazioni

Esportare opere d’arte dal nostro Paese è più semplice, ma la procedura è ancora lenta e iperprotettiva

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Elena Correggia

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Dal 22 settembre 2020, data di pubblicazione del decreto ministeriale 367/2020, esportare all’estero opere d’arte, e quindi cultura italiana, è molto più semplice. Il decreto in questione ha di fatto anticipato l’entrata in vigore della disciplina semplificata in materia di esportazione delle opere d’arte di valore inferiore a 13.500 euro, introdotta dal precedente decreto ministeriale «Franceschini», 246/2018, in attuazione di quanto previsto dalla legge 124/2017 «sospesa» con il decreto ministeriale «Bonisoli» 305/2018.

Che cosa cambia
La riforma presenta tre principali elementi di novità. Innanzitutto, l’introduzione della soglia di valore unica, ovvero la previsione che per le opere realizzate da autore non più vivente, oltre 70 anni fa, e il cui valore non superi i 13.500 euro, l’esportazione sia possibile a fronte della semplice presentazione di un’autocertificazione. «In pratica, per l’esportazione di queste opere non è più necessario l’attestato di libera circolazione o la licenza di esportazione, il cui rilascio, fino a oggi, imponeva attese per gli operatori del settore particolarmente lunghe», commenta Giuseppe Iannaccone, avvocato e collezionista.

Il secondo elemento di novità è l’innalzamento da 50 a 70 anni della «soglia temporale» al di sotto della quale le opere che siano state realizzate da un autore non più vivente non possono essere oggetto di provvedimenti di blocco all’esportazione. Per queste opere, così come per quelle di valore inferiore a 13.500 euro, rimane aperta la possibilità dello Stato di procedere alla notifica, entro 60 giorni dalla presentazione dell’autocertificazione, per le opere che «presentino un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione».

Tuttavia, se per i beni di valore superiore a 13.500 euro continuerà ad applicarsi l’iter previsto dal Codice dei Beni culturali (art. 68), vi è una procedura diversificata per l’esercizio della notifica su beni di valore inferiore. In questo caso, entro 10 giorni dalla presentazione dell’autocertificazione, l’Ufficio Esportazione può chiedere la presenza fisica del bene, nel caso in cui ritenga che lo stesso possa avere particolare interesse. Nei successivi 30 giorni, l’ufficio avvia il procedimento di «notifica», dandone notizia all’interessato.

Successivamente, entro 60 giorni dalla presentazione dell’autocertificazione, la Direzione generale competente per materia deve concludere il procedimento. Nel caso in cui tale termine decorra, deve ritenersi che il procedimento di notifica non sia stato ultimato e, pertanto, il proprietario del bene può procedere liberamente all’esportazione. Da tale procedura risultano esclusi i beni indicati nell’allegato A, lettera B, n. 1 del Codice dei Beni culturali (ad esempio, i reperti archeologici).

Ultima novità prevista dalla riforma è l’introduzione, a partire da fine 2020, del passaporto elettronico delle opere d’arte, della durata di 5 anni, che consente di agevolarne l’uscita dal territorio nazionale e il successivo ed eventuale rientro, adeguando l’Italia a procedure già da tempo seguite da altri Paesi europei.

Le criticità ancora aperte
Benché la nuova normativa abbia avviato uno snellimento procedurale, non sono state eliminate le rigidità di alcune disposizioni. «Proprio per quanto riguarda la notifica disciplinata dagli articoli 59-62 del Codice dei Beni culturali, permane un prolungato stato di incertezza in cui il bene viene a trovarsi a seguito dell’avvio della verifica di interesse culturale per lo Stato e il successivo procedimento di prelazione, cosa che costituisce un possibile deterrente per chiunque voglia richiedere un attestato di libera circolazione o voglia cimentarsi nell’acquisto o nella vendita di un’opera ubicata nel territorio italiano, continua Iannaccone.

La stessa ampiezza delle norme in questione non permette, poi, di circoscrivere i beni che possono essere oggetto di notifica, diversamente da quanto accade, per esempio, in Paesi come la Svizzera e gli Stati Uniti, nei quali vi è un elenco dettagliato dei beni culturali di importanza significativa e che, per tale ragione, non possono lasciare il Paese. Non si comprendono quindi appieno le ragioni per cui persista la possibilità di notificare opere sotto i 13.500 euro.

Ci si aspettava un “via libera” di tutte le opere di non rilevante valore, nonché per quelle di autori deceduti da meno di 70 anni. Peraltro, occorrerebbe innalzare tale soglia di valore in virtù di quel procedimento di adeguamento agli standard europei che tanto agogniamo e che, nello specifico settore, prevedono tetti di valore anche più alti
».

Al via le autocertificazioni
Il decreto ministeriale 246/2018 subordinava l’entrata in vigore della soglia di valore, e quindi la possibilità di far circolare le opere con valore inferiore ai 13.500 euro con la sola autocertificazione, all’adeguamento del Sistema informativo degli uffici esportazione e all’istituzione dell’Anagrafe della circolazione internazionale, un ente costituito allo scopo di vigilare sul transito di tutte le opere sul territorio nazionale. Quest’attività sarebbe stata resa possibile attraverso il rilascio di un passaporto dell’opera, di durata quinquennale.

«Nei tre anni successivi all’entrata in vigore della riforma, tuttavia, l’adeguamento del Sistema informativo degli uffici esportazione non è stato effettuato e anche l’Anagrafe della circolazione internazionale non è stata, di fatto, mai istituita, con la conseguenza che non è stato possibile il rilascio dei passaporti, spiega Iannaccone.

L’impasse è stata eliminata con il decreto ministeriale 367 del 31 luglio 2020 (pubblicato il 22 settembre 2020) che, abrogando l’articolo 7, comma 6 del decreto ministeriale 246/2018, ha eliminato la necessità di rilasciare i passaporti per poter presentare l’autodichiarazione. In questo modo è stata sbloccata, anche di fatto, la circolazione delle opere realizzate da autori scomparsi da oltre 70 anni e con valore inferiore a 13.500 euro».

Il porto è franco sino a quando le opere non escono
Offrono un servizio di custodia e stoccaggio delle opere d’arte e dei beni da collezione, ma anche agevolazioni di natura fiscale e amministrativa. Si tratta dei porti franchi, molti dei più importanti collocati geograficamente al di fuori dell’Unione Europea (Ginevra, Singapore, Shanghai, Hong Kong). «Il principale vantaggio del porto franco è di natura fiscale, poiché vengono differiti i termini per il pagamento di imposte e dazi, richiesti solo se e quando la merce verrà successivamente venduta, spiega Roberto Spada, commercialista e socio fondatore di Spada Partners.

Le opere sono conservate all’interno di caveau blindati pressoché impenetrabili. Inoltre in questi luoghi sono organizzate mostre e aste e offerti servizi di gestione e conservazione delle opere di altissima levatura». Ma esiste anche un rovescio della medaglia che collezionisti e operatori dell’arte devono tener presente. Dazi e imposte, che in un primo momento vengono sospesi, sono infatti calcolati sulla base del valore dell’opera d’arte al momento dell’estrazione o del trasferimento definitivo. In caso di incremento del valore della stessa gli oneri dovuti saranno più elevati di quelli che sarebbero stati richiesti prima che il deposito avvenisse.

In aggiunta, ai fini della postergazione dei dazi e dell’Iva, è importante espletare tutti gli adempimenti doganali previsti, per scongiurare il rischio che, col passare del tempo, possano generarsi problemi di difficile soluzione. «Abbiamo avuto casi di clienti che hanno trasferito le proprie opere conservate in porto franco in temporanea esportazione, per esporle in mostre e, una volta tornate nel porto franco, a causa di documentazione doganale incompleta, hanno ricevuto contestazioni dalle autorità doganali, precisa Spada. Infine sono da valutare bene le leggi locali e le eventuali lacune in materia di depositi cauzionali, di affidamento di beni a terzi, di tutela in caso di perdite, di danneggiamenti o di appropriazione indebita».

Arte in movimento: ma l’esportazione resta un argomento di discussione

Elena Correggia, 31 agosto 2022 | © Riproduzione riservata

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