Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliTutto parte da una lettera delatoria anonima che recita: «Si presume che nella fondazione [di Massimo Listri, Ndr] ci siano vasi apuli provenienti dalla collezione d’Avalos». È così che Listri (fotografo di fama, oltre che collezionista) riceve nel febbraio 2021 la visita di quattro Carabinieri del Nucleo Tutela di Napoli. Quei 16 vasi apuli, alcuni anche di 45 centimetri di altezza, Listri li aveva in effetti comprati a Napoli dal principe d’Avalos il 18 dicembre 2004 e, con regolare documentazione della vendita, li aveva dichiarati nel 2014, quando era nata a Firenze la sua Fondazione Listri per le Arti Visive.
Nel frattempo d’Avalos veniva rinviato a giudizio per «ricettazione», ma in realtà i vasi in oggetto stavano nel suo palazzo da 300 anni. Listri figura come parte lesa e di solito la parte lesa è custode dei pezzi, fino a quando viene appurata la questione. Invece dopo un mese di sequestro in loco, i Carabinieri tornano da Listri affermando che la Soprintendenza di Napoli vuol vedere i vasi incriminati e requisendoli per trasferirli nel capoluogo campano a bordo di un furgone. Ma la vicenda si complica poiché, in seguito a quella visita, i Carabinieri chiedono al pubblico ministero di Firenze un’altra autorizzazione per sequestrare fino a 120 pezzi di archeologia, statue, busti, frammenti ed epigrafi, aprendo un ulteriore procedimento in cui Listri questa volta figura come indagato. Il collezionista fa notare che 40 pezzi sono già stati sequestrati nel 2003 e dissequestrati nel 2006 e che sono ben noti ai Carabinieri del Nucleo Tutela e Patrimonio di Firenze, ma gli ufficiali napoletani non vogliono sentire ragione: deciderà il giudice.
Il tribunale di Firenze incarica allora due archeologi della Soprintendenza archeologica di Firenze, Michele Bueno e Arianna Vernillo, che redigono una buona e documentata relazione dimostrando come i pezzi provengano da antiche collezioni, e siano quindi anteriori alla Legge 364 del 1909, secondo la quale ogni ritrovamento archeologico, se non riconoscibile come antico e documentato in una collezione prima di quella data, appartiene allo Stato. Tuttavia, la relazione non viene neppure letta dal pm di Firenze, che archivia la posizione di Listri, ma demanda a un giudice civile la liceità di possesso sebbene tutti i pezzi siano documentatissimi, acquistati in aste e presso antiquari con regolari fatture.
Dopo un paio di mesi gli archeologi chiedono a Listri se gli sono stati dissequestrati i 120 pezzi, cioè quelli oggetto della seconda visita dei Carabinieri (i vasi apuli, sequestrati nella prima visita, restano invece a Napoli). Sconsolato, Listri risponde di no e, su consiglio di Antonio Paolucci (già soprintendente e ministro dei Beni culturali, scomparso il 4 febbraio), incontra il soprintendente Andrea Pessina, accolto a casa insieme ai due archeologi Bueno e Vernillo. Dopo aver ammirato la collezione, Pessina, per rendere giustizia a Listri, propone di scrivere un articolo su «Tutela & Restauro», il notiziario della Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato: alcuni mesi dopo escono 13 pagine dedicate alla collezione archeologica di Listri («Istantanea di una Wunderkammer del XXI secolo», di Michele Bueno e Arianna Vernillo, 2023). Proprio grazie a questa pubblicazione, finalmente il gip dissequestra tutto.
Nel frattempo, però, è ancora aperta la questione di Napoli. Ma avviene un colpo di fortuna: nel giugno 2023, nei locali della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Campania, apre la mostra dedicata all’archivio gentilizio dei d’Avalos «I d’Avalos. Nel segno del potere», in cui è esposto un manoscritto del 1780 che riporta i disegni di 110 vasi della Collezione d’Avalos. Tra questi gli archeologi di Firenze (dove a Pessina è succeduta nel frattempo Antonella Ranaldi) ne riconoscono nove della collezione di Listri e stilano una relazione. Tanto basta perché il giudice assolva d’Avalos e finalmente Listri, dopo tre anni di inutile e costosa persecuzione, si veda restituiti i suoi 16 vasi apuli. Il fotografo non aspetta che i carabinieri li riportino a Firenze: appena informato è andato a riprenderseli alla Soprintendenza napoletana. «Tanto rumore per nulla», commenta Listri.
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