Arianna Antoniutti
Leggi i suoi articoliAl Parco archeologico di Ostia Antica sono in corso i lavori per la messa in sicurezza e riallestimento del Casone del Sale, l’edificio quattrocentesco che, dal 1934, ospita il Museo e gli uffici del Parco. All’interno del rinnovato museo troveranno nuovamente collocazione le opere ostiensi, al momento ospitate nell’Antiquarium, dove sono attualmente sottoposte a interventi di pulitura e restauro. Come anticipato al «Giornale dell’Arte» dal direttore del Parco, Alessandro D’Alessio, il Museo ostiense riaprirà al pubblico entro l’estate del 2023, e questa riapertura è uno dei maggiori appuntamenti che il Parco ha in serbo per il futuro, assieme al progetto di rendere il Castello di Giulio II sede istituzionale di rappresentanza del Parco stesso.
«Il programma relativo al Castello di Giulio II è complesso, spiega D’Alessio, si tratta di un progetto che dispone di un finanziamento Cipe, la cui fase diagnostica è stata completata. Entro la fine dell’anno partiremo con l’affidamento dei lavori di sistemazione, messa in sicurezza e restauro. Vorrei realizzare nel Castello un Museo della città e del territorio di Ostia e del suo Lido. Ostia, negli anni Trenta del Novecento, ha concentrato in sé i lavori di alcuni fra i maggiori architetti dell’epoca, come Piacentini, Libera, Mazzoni. Sarebbe interessante proporre al pubblico non solo la storia antica di questo luogo, ma anche le sue vicende successive, dalla fine dell’antichità ai nostri giorni. Il Castello di Giulio II, una struttura rinascimentale dalle varie fasi storiche e costruttive, fungerebbe da perfetto trait d’union fra le epoche.
Con la recente apertura al pubblico del Castello di Giulio II, continuativamente, dal martedì alla domenica, e con la riapertura del Museo delle Navi di Fiumicino nell’ottobre dello scorso anno, abbiamo reso visitabili tutte le sedi del Parco, che comprendono anche i Porti imperiali di Claudio e Traiano e la Necropoli di Porto a Isola Sacra. Altre recenti novità sono la riapertura del bookshop a Ostia antica, l’allestimento di un angolo bookshop presso la biglietteria dei porti di Claudio e di Traiano, la disponibilità di audioguide per queste sedi, e la possibilità di prenotare visite guidate nei siti del Parco, ora tutti dotati di biglietteria.
Stiamo ora riattivando, agli scavi di Ostia antica, i servizi di caffetteria e ristorazione, sospesi per i lavori in corso al Museo. E punti di ristorazione saranno aperti anche in tutte le altre sedi. Uno dei parchi archeologici più vasti del continente tornerà dunque a essere fruibile in maniera più adeguata. Avere di nuovo la ristorazione sarà un elemento trainante per i turisti. Anche le attività collaterali sono determinanti per richiamare il pubblico e, in quest’ottica, abbiamo esposto sette reperti, cinque statue e due affreschi, al nuovo Terminal dell’Aeroporto Leonardo da Vinci. Secondo Adr Aeroporti di Roma, lì transitano sei milioni di visitatori ogni anno, e devo dire che l’operazione sta avendo un notevolissimo riscontro: il Parco esce dal Parco e va a presentarsi nella maggiore porta d’ingresso del Paese».
Elemento trainante per eccellenza sarà sicuramente la riapertura del Museo ostiense.
La ristrutturazione del Casone del Sale è a buon punto, mentre i lavori di pulitura e restauro delle opere sono a uno stadio avanzato. In questo momento stiamo lavorando alla realizzazione di moderni sistemi di sostegno per la statuaria, dal minor impatto visivo possibile. Spesso i reperti, come ad esempio il gruppo di Amore e Psiche, sono provvisti di sostegni ormai obsoleti, i nuovi materiali consentono di agire con un approccio diverso. L’opera sarà preminente rispetto al supporto, che dovrà quasi sparire. In questa fase di revisione, stiamo inoltre non solo risolvendo problemi statici, ma in molti casi ripensando la stessa postura di alcune statue. Allo stesso modo interverremo laddove le integrazioni moderne si sono rivelate palesemente errate.
Di tutto questo complesso lavoro, vorrei dare conto nel catalogo del museo perché è indispensabile che il Museo ostiense, come pure il Museo delle Navi, siano dotati dello strumento di un catalogo. Per il Museo penso a due diverse pubblicazioni, un piccolo catalogo divulgativo e un catalogo scientifico: una corposa pubblicazione che raccolga saggi e schede delle opere esposte, con il racconto del progetto di allestimento e restauro. Il tutto accompagnato da un apparato grafico e fotografico di qualità.
Completata la riapertura del Museo passeremo, compatibilmente con le disponibilità economiche e di organico, alla risistemazione, allestimento e riapertura al pubblico dell’Antiquarium, dove il focus sarà sulla vita quotidiana. Lì vorremmo rendere fruibili anche gli spazi di deposito, secondo un indirizzo fortemente perseguito dalla Direzione generale Musei del MiC.
Seguendo poi l’idea di museo diffuso immaginata negli anni Trenta da Guido Calza, esporremo materiali anche all’interno degli edifici monumentali di Ostia antica. Saranno gli Horrea Epagathiana, magazzini della metà del II secolo d.C., le prime strutture coinvolte nel progetto e qui, vista la natura degli edifici, saranno presentati al pubblico soprattutto materiali relativi al commercio.
Il museo diffuso toccherà poi altri punti degli scavi di Ostia, come il Piccolo Mercato e la Galleria Lapidaria, al momento chiusa perché in condizioni precarie. Riallestirla e riaprirla è un altro obiettivo del mio mandato. In seguito potremmo cominciare a immaginare il museo diffuso anche in altre sedi del Parco. L’area imperiale dei Porti di Claudio e Traiano, vista la notevole estensione, potrebbe ad esempio ospitare esposizioni di arte contemporanea, come già accaduto lo scorso anno.
Che cosa pensa delle mostre di arte contemporanea allestite in aree e musei archeologici?
Sono iniziative che, se organizzate seguendo adeguati criteri di qualità e selezione delle opere, possono fungere da attrattori di pubblici diversi. Sempre però tenendo a mente due punti saldi: la conservazione e la corretta fruizione del bene archeologico. Penso ad esempio all’ottimo lavoro che sta portando avanti Stéphane Verger nel Museo Nazionale Romano.
Ci sono restauri in corso?
Abbiamo recentemente beneficiato di un piccolo sostegno, da parte di Q8 per il tramite di Adnkronos, per il restauro di un affresco nel Caseggiato del Serapide. È per noi fondamentale intercettare i finanziamenti dei privati. A questo proposito, sto cercando di reperire i fondi per proseguire il restauro delle navi al Museo di Fiumicino. Con nostri fondi avvieremo il restauro dell’imbarcazione F4. Anche le altre tre navi ne avrebbero fortemente bisogno, ma i lavori non sono al momento finanziati e occorrono circa 300mila euro per poter intervenire.
Ci sono poi diverse aree degli scavi di Ostia, così come di Isola sacra o dei Porti imperiali, che versano in pessime condizioni, come del resto altri siti archeologici in Italia. Perché questo accade? Perché per mettere in sicurezza il patrimonio archeologico nazionale servirebbero centinaia di milioni di euro. E Ostia è uno dei luoghi che ne ha maggiormente bisogno. In settembre, ad esempio, abbiamo dato l’avvio a un intervento d’urgenza, dal costo di circa 100mila euro, per la messa in sicurezza e il restauro delle strutture e soprattutto degli affreschi della necropoli di Isola sacra. Si trattava di un’azione non più procrastinabile».
Quanto conta, in simili contesti, spesso problematici, la collaborazione con altre istituzioni?
È fondamentale. Ora più che mai, da soli non si va da nessuna parte. La collaborazione con altre istituzioni, e l’interazione fra noi funzionari del MiC è vitale. Ad esempio, abbiamo da poco siglato un accordo con i Musei Vaticani che ci consentirà di lavorare sui materiali ostiensi, frutto degli sterri settecenteschi e ottocenteschi, presenti nelle collezioni dei Musei del papa. Grazie a questa intesa per attività congiunte (esposizioni, conferenze, pubblicazioni), potremmo esporre, nel riallestito Museo ostiense, i calchi dei frammenti provenienti della Basilica di Ostia, conservati ai Musei Vaticani. Sarà così possibile ammirare il fregio, con le origini della storia di Roma, ricomposto con i nostri frammenti originali e con i calchi dei pezzi vaticani, ovviamente inamovibili.
A proposito della ricontestualizzazione, pensa che sia ipotizzabile un ritorno a Ostia della decorazione a opus sectile della domus fuori Porta Marina?
È una questione complessa. La straordinaria decorazione a intarsio di marmi colorati, risalente alla fine del IV secolo d.C., fu rinvenuta a Ostia antica nel 1959. Restaurata fra il 1959 e il 1966, è esposta presso il Museo dell’Alto Medioevo, dove costituisce sicuramente una delle opere più significative. Portarla via significherebbe privare il museo di un chiaro elemento di richiamo. È però pur vero che l’opus sectile è stato trovato a Ostia, quindi, se vogliamo seguire una logica di ricontestualizzazione sarebbe auspicabile tornasse laddove era stato rinvenuto. Ovviamente sarebbe necessario aprire un tavolo di discussione con Andrea Viliani, direttore del Museo delle Civiltà, di cui il Museo dell’Alto Medioevo è parte. Sarebbe necessario pensare in primis al delicato equilibrio di un intero sistema politico e istituzionale.
Qualora si realizzassero poi le condizioni necessarie per spostare il complesso decorativo, esso non potrebbe essere rimontato sul luogo della sua scoperta, troppo periferico, ma potrebbe trovare collocazione al centro degli scavi, posizionato in una teca trasparente, appositamente costruita, sul modello dell’Ara Pacis. L’operazione avrebbe un costo complessivo di circa 3 milioni di euro. Immaginare un intervento del genere è possibile, concretizzarlo sarebbe sicuramente più impervio.
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