Arianna Antoniutti
Leggi i suoi articoliAlessandro D’Alessio (Roma, 1970) è stato nominato nel settembre scorso direttore del Parco Archeologico di Ostia antica (insignito del Marchio del Patrimonio Europeo il 31 marzo 2020). Già responsabile scientifico della Domus Aurea, è archeologo, esperto in tutela, gestione e restauro dei monumenti, con particolare riferimento ai siti archeologici.
Direttore D’Alessio, può fare un bilancio dei mesi appena trascorsi e raccontarci qualcosa dei progetti futuri?
Durante il periodo di chiusura ci siamo concentrati sulla manutenzione programmata e ordinaria del Parco che, nella sua estensione di circa 150 ettari distribuiti in diverse sedi, non è solo un parco archeologico ma anche naturalistico. Questo significa la necessaria gestione del verde, una componente essenziale che va assicurata ed eseguita.
Stiamo inoltre portando avanti alcuni progetti, alcuni di essi finanziati con fondi straordinari, relativi, ad esempio, al Teatro di Ostia antica, ai nuovi accessi ai Porti di Claudio e Traiano, agli interventi di recupero e valorizzazione della Necropoli di Isola Sacra, e alla Necropoli Laurentina, in vista della sua apertura al pubblico. Ma, soprattutto, stiamo lavorando per la riapertura, prevista entro l’estate, del Museo delle Navi di Fiumicino.
Che cosa ci raccontano della storia economica, sociale, politica di Ostia le cinque navi custodite nel Museo?
Le navi sono una componente fortemente identitaria del Parco di Ostia antica. Rinvenute tra il 1958 e il 1965 durante la costruzione dell’aeroporto Leonardo da Vinci, ci restituiscono innanzitutto un’immagine plastica di ciò che doveva esser la vita in uno scalo portuale come questo, il più grande scalo marittimo del mondo antico, paragonabile, ai giorni nostri, ai porti di Shanghai, New York o Tokyo.
Gli scafi esposti nel Museo, chiuso dal 2002, sono di diverse dimensioni, appartengono a varie tipologie di imbarcazioni con funzioni differenti, ma fondamentalmente utilizzate per l’intenso trasporto interno delle merci. Sono reperti che ci rammentano come Roma non esisterebbe senza la sua foce, quella del Tevere, e Ostia non esisterebbe senza Roma.
Altro fondamentale progetto riguarda il Museo Ostiense, grazie a un programma elaborato dalla precedente Direzione e che prevede la sistemazione architettonica e strutturale dell’edificio, il cosiddetto Casone del Sale, e il riallestimento delle opere in esso conservate. Queste ultime, soprattutto capolavori di scultura e pittura del patrimonio ostiense, saranno, previa pulitura e restauro, ricollocate con impianti museografici interamente aggiornati. Contiamo di poter inaugurare il Museo così rinnovato all’inizio del 2023.
Quale tipologia di pubblico pensate di accogliere alla riapertura del Parco archeologico?
Certamente il Parco, per sua estensione e collocazione, non conosce problemi di contingentamento e distanziamento, ma sicuramente non ci aspettiamo i flussi di visitatori, soprattutto stranieri, precedenti alla pandemia. Ci rivolgeremo, con particolare attenzione, a un turismo di prossimità cercando di coinvolgere, ancora di più che in passato, il pubblico ostiense e romano.
Abbiamo a disposizione una tipologia di patrimonio fortemente innervata nel territorio, che va dalla villa romana di Procoio di Pianabella alla necropoli di Porto, dalla basilica paleocristiana di Sant’Ippolito a Isola Sacra al Castello di Giulio II. Per custodire e promuovere tutto questo è fondamentale un rapporto fattivo, costante e dinamico con gli enti locali, con le associazioni, con i privati cittadini e gli imprenditori, con ogni aspetto dunque della realtà sociale.
Per quanto riguarda infine il Castello di Giulio II, vorrei renderlo sede istituzionale di rappresentanza del Parco, allestire al suo interno un museo della città e del territorio, e raccontare le vicende di quest’area: dall’età medievale alla moderna, giungendo sino all’oggi, con i set di Federico Fellini a Ostia e l’architettura di Ostia Lido.
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