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Chiara Parisi © Philippe Lévy

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Chiara Parisi © Philippe Lévy

Premio Diana Bracco - Imprenditrici ad arte Seconda edizione. CHIARA PARISI

La rubrica di approfondimento dedicata al premio promosso dalla Fondazione Diana Bracco, che celebra la figura dell’imprenditrice in ambito artistico

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Elena Correggia

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Istituito in linea con l’impegno della Fondazione Bracco nella promozione del merito e delle competenze femminili in collaborazione con la Fondazione Roberto De Silva e Diana Bracco, il Premio Diana Bracco – Imprenditrici ad arte celebrerà la sua seconda edizione alla prossima Artissima. Anche quest'anno sarà accompagnato da una rubrica di approfondimento e riflessione sulla figura dell’imprenditrice nel mondo dell’arte. Sei gli appuntamenti previsti, a partire da un’introduzione sulla nascita della figura della gallerista nel corso del secondo Novecento. A seguire, le interviste con le tre giurate: Chiara Parisi (direttrice del Centre Pompidou, Metz), Giovanna Forlanelli (presidente della Fondazione Luigi Rovati, Milano), Isabella Bortolozzi (fondatrice di Galerie Isabella Bortolozzi, Berlino), oltre alla vincitrice del premio 2024 e, infine, alla promotrice Diana Bracco.

La riflessione sui diversi linguaggi della cultura contemporanea connota l’esperienza di Chiara Parisi in primarie istituzioni, da Villa Medici in qualità di curatrice per l’Accademia di Francia a Roma, alla direzione del Centre international d’art et du paysage de l’île de Vassivière, della Monnaie de Paris fino all’attuale direzione del Centre Pompidou-Metz. Nel corso della sua carriera ha collaborato e si confronta tutt’oggi con il mondo delle gallerie a livello internazionale. Come, a suo avviso, è cambiata la professione di gallerista negli anni? Ritiene esistano ancora maggiori difficoltà per le donne che decidono di svolgere questa attività?

Il ruolo della o del gallerista si è evoluto in modo affascinante e complesso, credo. Se penso a decenni fa, le gallerie erano spesso piccoli mondi autonomi, una rete di amateurs, luoghi in cui si forgiava una relazione intima tra artista e gallerista. Oggi, vediamo gallerie che sono diventate istituzioni in sé, con un impatto globale e strutture professionali molto più complesse. Ma ciò che non è cambiato, e che personalmente amo, è la loro capacità di fungere da rifugi per le idee, da incubatrici per la creatività. Il mondo delle gallerie è come un arcipelago, in cui isole di diverse dimensioni coesistono e si influenzano a vicenda: dalle piccole gallerie indipendenti, dove l’intimità rimane il cuore pulsante, fino alle grandi gallerie-museo, in cui il ruolo del gallerista si estende alla promozione culturale su scala internazionale. Sicuramente la professione di gallerista non è più confinata a un solo contesto elitario o ristretto, ma a tanti mondi elitari con modi di agire e pensare differenti. E, le gallerie sono spazi fluidi, dove arte, moda, performance, poesia, design e nuove tecnologie si intersecano. L’approccio è diventato più olistico. Per quanto riguarda le donne, la loro forza è nella capacità di creare connessioni profonde e durature, di costruire reti di conoscenza. Le difficoltà esistono ancora, ma quello che è cambiato è la consapevolezza di queste sfide. Oggi le donne hanno imparato a usarle come leve per creare nuovi modelli di leadership, che si basano sul potere con una visione inclusiva e innovativa.

 Il suo brillante curriculum la accomuna a molti «cervelli in fuga», che all’estero hanno trovato un pieno riconoscimento dei propri talenti. Pensa che in Italia sia più complesso lavorare nel mondo della cultura?

Il mio percorso non è stato una «fuga», ma piuttosto un movimento d’amore verso la Francia, dove ho trovato un contesto stimolante e aperto. Ho il privilegio di vivere tra due culture incredibilmente ricche. Tuttavia, devo ammettere che in Italia, il legame tra potere politico e culturale può creare una dinamica complessa, in cui la cultura non sempre gode della libertà di movimento di cui ha bisogno per prosperare. In Francia, ho trovato un ambiente più propenso a separare il sostegno pubblico alla cultura da altre logiche, permettendo alle idee di crescere senza troppe interferenze. Ma proprio in queste complessità italiane si nascondono opportunità straordinarie per innovare e trasformare. Proprio da questa tensione nasce una spinta a rompere con le tradizioni. Per me, l’Italia è un laboratorio perfetto per l’innovazione culturale. È un terreno fertile per chi è disposto a prendersi dei rischi, a sfidare le convenzioni e a immaginare nuovi scenari per il futuro.

In che modo riconoscimenti come il Premio Bracco possono favorire una crescita di questo settore?

Riconoscere l’eccellenza femminile non è solo un atto di giustizia, ma anche un modo per spingere il settore a guardare oltre i confini tradizionali, a cercare voci nuove e a costruire una comunità artistica più aperta e inclusiva. Non è solo un merito individuale a essere celebrato, ma un’intera rete di supporto e di ispirazione che si crea. In questo senso, un riconoscimento non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Sono premi non solo come celebrazioni, ma come strumenti per trasformare il settore.

Da profonda conoscitrice della Francia, ritiene che il sistema Paese si sia attivato più di altri nel sostegno alla cultura e al sistema economico che ruota intorno all’arte? Quali sono le innovazioni più positive che riconosce in Francia in questo ambito?

La Francia ha dimostrato una capacità straordinaria di vedere la cultura come un bene comune, qualcosa che appartiene a tutti e che deve essere protetto e nutrito attraverso il sostegno pubblico. Questo si traduce in un sistema strutturato, in cui l’arte è considerata una risorsa non solo economica, ma anche sociale. Penso che una delle innovazioni più significative sia stata la capacità di rendere l’arte accessibile a un pubblico sempre più vasto, attraverso politiche culturali che integrano il sostegno economico con l’educazione e la diffusione capillare sul territorio. In Francia, ciò che ammiro è l’approccio sistematico al sostegno culturale. Le istituzioni culturali francesi hanno capito che il confine tra arte e altre discipline è labile, e sfruttano questa fluidità per aprire nuovi percorsi. L’innovazione non viene solo dai musei, ma anche dall'interazione con altri settori come la moda, il design e la tecnologia.

Quali saranno i criteri che la guideranno nella scelta della gallerista da premiare?

Nella scelta della gallerista da premiare, guarderò sicuramente a chi dimostra non solo una visione artistica forte, ma anche una capacità di portare avanti un progetto con determinazione e passione. La forza di una galleria si vede anche nella sua capacità di sostenere un artista nei momenti più difficili, di trovare nuove vie e di sfidare le convenzioni. Vorrei vedere una capacità di rompere con il conformismo, una galleria che si distingue per il suo occhio critico, ma anche per il suo coraggio di sfidare i confini del mercato e del gusto comune. Innovazione, originalità e una chiara responsabilità sociale sono fondamentali.

 

Elena Correggia, 14 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

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