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Veronica Rodenigo
Leggi i suoi articoliUn involucro di piastrelle in ceramica policroma avvolge l’esterno dell’M9. Al suo interno, la storia del Novecento italiano. Dal primo dicembre apre le porte l’atteso polo museale nel cuore di Mestre, parte di un’operazione di rigenerazione urbana finanziata da Fondazione di Venezia con 110 milioni di euro. «A new museum for a new city» recitava il primo slogan nel 2010, quando a seguito del concorso internazionale a inviti, venne presentato il progetto vincitore firmato Sauerbruch Hutton.
Un chiaro messaggio che rimandava all’intento di mutare un’ampia porzione della città recuperando a funzione commerciale il vicino ex Convento di Santa Maria delle Grazie e di creare, insieme alla nuova struttura museale, un nuovo volto per la città. M9 è il primo museo in Italia che narra la storia del secolo breve servendosi esclusivamente dello strumento multimediale. Può definirsi un museo dell’immateriale con percorsi immersivi e interattivi in cui visori 3D, dispositivi multitouch e ologrammi restituiscono documenti provenienti dai principali archivi (Teche Rai, Istituto Luce, Fondazione Treccani, Centro Storico Fiat, Archivio storico di Eni...).
L’esposizione permanente è suddivisa in 8 sezioni su due piani; l’ultimo, destinato a mostre temporanee (almeno 3 all’anno), inaugurerà il 22 dicembre con «L’Italia dei Fotografi. 24 storie d’autore»: oltre 230 scatti tra cui quelli di Berengo Gardin, Basilico, Jodice, Roiter, Scianna, Battaglia a cura di Denis Curti.
Al primo livello, immersi nella penombra, i mutamenti sociali, demografici, culturali (per costumi e stili di vita), tecnologici ed economici dall’Unità ad oggi. Su grandi schermi semicircolari sfilano silenti ritratti degli italiani di oggi e di ieri. A comunicarci identità, provenienza, e occupazione sono finestre pop up. Poi i fenomeni migratori, gli ambienti domestici attraverso la realtà immersiva, giochi interattivi che strizzano l’occhio all’edutainment, il tragitto discontinuo della modernizzazione che in un secolo ci ha visti da contadini. operai e impiegati diventare eterni precari. Si procede liberi di scegliere, sperimentare, soffermarsi, riascoltare ancora una volta una voce narrante, senza un rigido percorso.
Al secondo piano: le grandi trasformazioni di paesaggi e insediamenti urbani, le tappe della nostra storia (un’arena immersiva riproduce discorsi politici e grandi manifestazioni di piazza con la presenza di un ologramma), quelle della nostra identità nazionale anche attraverso stereotipi. Tempo minimo previsto per la visita: 4 ore. Ma pare necessario tornare per meglio approfondire, riflettere, lasciar decantare, C’è molto in M9 e molto, con il tempo, sarà necessario aggiornare, così come richiede la sua stessa natura.
«La multimedialità è strumento ideale per la narrazione del Novecento, soprattutto per le nuove generazioni», afferma il neodirettore Marco Biscione (arriva dal successo nella guida del Mao-Museo d’Arte Orientale di Torino), in carica dal primo novembre con mandato triennale e raccoglie l’eredità del project manager Guido Guerzoni. «È un museo che dovrà continuare a ripensare se stesso». Azioni prioritarie: «Una comunicazione allargata a città, scuole, pubblici più ampi, una programmazione coerente e sostenibile anche per l’offerta temporanea».
I costi a regime saranno di circa 4 milioni annui ma il direttore preferisce, per ora, non scendere nel dettaglio né confermare cifre. «Sicuramente, afferma, sarà un museo che dovrà camminare con le proprie gambe quindi contare su bigliettazione, attività collaterali e sugli affitti della parte commerciale del distretto». Come pensate di attrarre il turista internazionale diretto a Venezia o che pernotta a Mestre, come sempre più spesso accade? «Puntiamo una a comunicazione capillare e sull’attrattività delle proposte temporanee ma M9 è un museo che certo parla e si rivolge anche all’intera Penisola».

M9 nel complesso dell’ex Convento di Santa Maria delle Grazie
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