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Francesco Bandarin
Leggi i suoi articoliL’immenso impero conquistato dagli Arabi nel VII e VIII secolo d.C. si estendeva dalle coste occidentali del Mediterraneo fino all’Asia centrale in regioni che oggi appartengono all’Iran, all’Afghanistan e al Pakistan. Il Califfato Abbasside non riuscì però, nel tempo, a resistere alle forti spinte autonomistiche delle popolazioni di stirpe iranica che occupavano da millenni quelle regioni e alla pressione delle grandi etnie turche che cominciavano a muoversi verso Occidente dalle vaste steppe asiatiche.
A partire dal IX secolo, dinastie locali di fede islamica presero il controllo delle estese regioni montagnose della Persia e dell’Afghanistan: i Tahiridi (821-873 d.C.), i Samanidi (819-999 d.C.), i Saffaridi (861-1003 d.C) e infine i Ghaznavidi (977-1186 d.C), una dinastia turco-mamelucca di origine centroasiatica che aveva abbracciato la cultura persiana. Verso la fine del XII secolo questi ultimi entrarono in conflitto con un’altra dinastia iraniana locale, i Ghuridi (VIII secolo-1215 d.C.), insediati da secoli nelle regioni centrali dell’Afghanistan.
Nel 1186 i Ghuridi, sotto la guida del sultano Mu’izz ad-Din Muhammad (noto anche come Muhammad Ghuri), sconfissero i Ghaznavidi in una grande battaglia a Lahore e si impadronirono del loro impero, riuscendo poi a estenderlo fino a tutta l’India settentrionale. Nonostante queste importanti conquiste, l’impero dei Ghuridi non durò a lungo, poiché nel 1215 vennero sconfitti da un’altra dinastia turco-mamelucca, i Corasmi (1077-1231 d.C.), che controllarono l’area fino alla conquista di tutta l’Asia settentrionale da parte di Genghis Khan (1162-1227) e dei suoi successori.
Durante il loro dominio, i Ghuridi contribuirono alla diffusione della cultura persiana, creando così le basi per lo sviluppo della raffinata civiltà indopersiana che avrà più tardi il suo culmine con l’Impero Moghul (1526-1857 d.C.). Non molte sono le realizzazioni architettoniche lasciate dai Ghuridi, ma tra queste vi è uno straordinario monumento: il Minareto di Jam, che ancora oggi è una delle costruzioni in mattoni più alte del mondo, caratterizzato da una complessa ingegneria strutturale e da una ricca decorazione esterna in ceramica.
Il minareto ha dimensioni tali da non poter essere considerato solo come parte della piccola moschea che si trovava ai suoi piedi. Si tratta infatti di una «Torre della Vittoria», la cui costruzione fu iniziata nel 1192 a celebrazione della conquista dell’impero, un modello che sarà imitato per la costruzione del magnifico Qutb-el-Minar di Delhi, realizzato nel 1199 da Qutb al-Din Aibak (1150-1210 d.C.), il braccio destro del sultano Mu’izz ad-Din Muhammad che fondò, dopo la fine dell’Impero Ghuride, il primo Sultanato di Delhi. Il minareto ha un’altezza di 65 metri e una base ottagonale di 9 metri di diametro. Una ripida scala a doppia spirale consente di salire ai livelli superiori.
Nella parte superiore della struttura si trovano sei archi che sostenevano una cupola di copertura oggi scomparsa, come mostra un recente rilievo fotogrammetrico eseguito dalla società francese Iconem. L’esterno del minareto è rivestito da una decorazione geometrica con un’iscrizione in rilievo in caratteri cufici composta da mattoni smaltati di colore turchese. Il primo piano del minareto è quello più ricco di decorazioni, disposte in otto fasce verticali corrispondenti alla forma ottagonale della base.
Il testo delle iscrizioni è la Sura di Maryam, la 19ma del Corano, che racconta le storie dei profeti. Altre iscrizioni in caratteri cufici sono disposte tra il primo e il secondo livello. In prossimità del minareto si trovano resti archeologici degli insediamenti dell’epoca Ghuride. Si tratta di alcune torri difensive disposte sulle sponde del fiume e sui crinali delle montagne sovrastanti la valle. È stato trovato anche un forte nei pressi del minareto, oltre ad alcune strutture legate al commercio e alla residenza.
Gli archeologi pensano che l’insediamento fosse soprattutto un campo militare, anche se per alcuni questa potrebbe essere la città perduta di Firuzkuh, la prima città capitale dell’impero Ghuride, distrutta nel 1222 dall’imperatore mongolo Ögedei Khan (1186-1241). Il Minareto di Jam si trova in una delle zone più remote dell’Afghanistan, a 2mila metri sul livello del mare, lontano centinaia di chilometri dalla città di Herat, all’interno di un’aspra valle nel cuore della provincia di Ghur, circondato da catene montuose che raggiungono i 2.400 metri: per questo la memoria della sua esistenza si è perduta per molti secoli. Il monumento venne «riscoperto» solo dopo la seconda guerra mondiale, quando le prime missioni archeologiche si avventurarono in questa remota regione.
La missione archeologica italiana diretta da Giuseppe Tucci inviò nell’area nel 1961-62 uno specialista per fare il rilievo completo del monumento, l’architetto torinese Andrea Bruno. Per i successivi 60 anni, Andrea Bruno, divenuto uno dei più apprezzati progettisti internazionali specializzato nella conservazione dei monumenti antichi, si è occupato in collaborazione con le popolazioni locali della protezione, conservazione e restauro di questo straordinario monumento, minacciato dall’incuria, dall’erosione provocata dal regime torrentizio dei due fiumi che confluiscono ai suoi piedi e dalle incursioni delle milizie e dei tombaroli che imperversano da decenni nella regione.
Il buon livello di conservazione del monumento ne ha consentito l’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale nel 2002. A sostegno della sua futura conservazione, la Fondazione Aliph, specializzata nella protezione di monumenti in aree di conflitto, ha conferito nel 2019 all’Unesco un fondo di 2 milioni di dollari.

Il Minareto di Jam, Afghanistan, visto dall'alto

La localizzazione su una carta del Minareto di Jam
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