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Formazioni rocciose conosciute come «Le Balze di Volterra». Foto Regione Toscana

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Formazioni rocciose conosciute come «Le Balze di Volterra». Foto Regione Toscana

Tra gli Etruschi della Toscana | Volterra

Un itinerario in dieci tappe attraverso i principali centri urbani etruschi e il loro territorio in compagnia dell’etruscologo Giuseppe M. Della Fina che ha viaggiato indietro nel tempo illuminando luoghi e monumenti, usi e costumi di questa straordinaria civiltà

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Giuseppe M. Della Fina

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In viaggio verso Volterra, nel nostro zaino ideale, dobbiamo aggiungere il libro Etruscan Places di David Herbert Lawrence nato dall’esperienza di un breve viaggio in Etruria nell’aprile del 1927. Alla città sono dedicate alcune tra le pagine più belle del volume. Lawrence, in compagnia di Earl Brewster, raggiunse Volterra nel pomeriggio di domenica 10 aprile e trascorse le ore successive nella visita ai principali monumenti (il Palazzo dei Priori, la Cattedrale, la Porta all’Arco, la Chiesa di San Giusto, la Badia Camaldolese) e a Le Balze. La visita al Museo «Mario Guarnacci» venne riservata alla giornata successiva.

Lo scrittore fa una confessione: «Eravamo capitati in una mattina d’aprile tanto gelida da farmi sentire vicino alla tomba più di quanto non mi sia mai sentito in vita mia. Eppure quasi subito nelle sale piene di centinaia di piccoli sarcofagi, cinerari o urne come vengono chiamati, l’energia della vita antica cominciò a riscaldarci». Una sensazione che, prima di lui aveva provato George Dennis, l’autore di The Cities and Cemeteries of Etruria (Londra 1848), che annotò: «Non invidio l’uomo che può attraversare questo museo senza esserne commosso».

Entrati nel Museo «Mario Guarnacci», verso le urne, quindi, dobbiamo rivolgere la nostra attenzione, ma senza trascurare altri reperti: penso, in particolare, a uno straordinario bronzetto noto come «Ombra della Sera», la cui denominazione si deve forse a Gabriele D’Annunzio, o alla stele di Avile Tite, o ancora a un coperchio di urna realizzato in terracotta e noto come l’«Urna degli Sposi».

Nel museo, appena riallestito e ora dotato anche di un’altana da cui si ha uno sguardo unico sulla città, è possibile ripercorrere le principali vicende storiche del centro dalla fase villanoviana sino alla prima età imperiale romana. Un’attenzione particolare è prestata giustamente all’Ellenismo, una delle stagioni d’oro per Volterra. Lo testimonia soprattutto la serie di urne in alabastro di fattura notevolissima.

Le urne contenevano le ceneri del defunto e presentano un coperchio sul quale è raffigurata quasi sempre una persona a banchetto: un’occasione sociale alla quale, nel mondo etrusco, potevano prendere parte anche le donne di famiglia. La fronte, invece, è decorata a bassorilievo e vi figurano miti greci e saghe locali. In qualche caso vi è scolpito il saluto estremo al defunto, o già un riferimento alla realtà ultraterrena. Esse recano inoltre un’iscrizione con il nome dell’uomo o della donna scomparsi. Nell’allestimento attuale le urne sono divise su due piani e, in una sala, è stata ricostruita l’officina di uno scalpellino.

Lasciato il museo, si può raggiungere a piedi il parco «Enrico Fiumi», al cui interno si trova l’area archeologica dove si trovano i resti dell’acropoli. L’area è stata indagata inizialmente da Mauro Cristofani tra il 1969 e il 1971. Tra le strutture rinvenute, che coprono l’intera storia del sito, si segnalano, in particolare, due templi affiancati eretti tra la fine del III secolo a.C. e la metà del successivo con l’intento di ridisegnare l’immagine di una zona dal forte valore simbolico.
Sempre a piedi si può raggiungere via Lungo le Mura del Mandorlo da dove si ha una visione completa di uno degli edifici antichi meglio conservati di Volterra, vale a dire il teatro. Venne costruito nei decenni iniziali del I secolo d.C. per volontà di A. Cecina Severo e C. Cecina Largo, membri di una famiglia di Volterra che aveva avuto già un ruolo di primo piano nella storia locale.

Del monumento, inserito nell’area archeologica di Vallebuona, sono ancora visibili la cavea, l’orchestra e il frontescena. I gradini della cavea recano i nomi delle gentes che li occupavano: i Persii, i Laelii, i Petronii. Con un poco di sforzo li si può immaginare intenti ad osservare uno spettacolo, ad apprezzare o a criticare il lavoro degli attori. L’edificio venne ristrutturato al termine del II secolo d.C. e rimase in funzione sino alla fine del successivo quando venne abbandonato.
Alle spalle della scena si possono osservare i tre bracci superstiti di un porticato dove gli spettatori si potevano recare negli intervalli, o in caso di pioggia. Al suo interno venne realizzato più tardi un impianto termale, di cui si riconoscono lo spogliatoio, il frigidario, il tepidario, il calidario e il laconicum. Di recente sono stati scoperti e sono in corso di scavo anche i resti dell’anfiteatro della città.

Degne di nota sono le mura: i tratti meglio conservati si possono osservare presso le Porte denominate Diana e dell’Arco, vicino a Santa Chiara, alle Balze e in località Pescaia. La porta dell’Arco era collocata in asse con il cardo ed è decorata da tre protomi in pietra da interpretare come divinità poste a protezione di uno degli accessi alla città.

Tra gli Etruschi della Toscana
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«Urna degli Sposi», Volterra, Museo Etrusco «Mario Guarnacci» Foto di Alessandro Farese - Regione Toscana

Particolare del bronzetto etrusco «Ombra della Sera», Volterra, Museo Etrusco «Mario Guarnacci». Foto di Alessandro Moggi - Archivio Toscana Promozione Turistica

Giuseppe M. Della Fina, 26 settembre 2022 | © Riproduzione riservata

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